Il saggio affronta il tema dell’interrelazione dialettica tra giudice e perito nell’accertamento dell’imputabilità. Punto di partenza è la struttura bifasica del giudizio sull’imputabilità, in forza del quale l’esistenza di una infermità mentale non è sufficiente di per sé ad escludere l’imputabilità di chi ha commesso il reato, occorrendo altresì verificare se la devianza abbia compromesso la capacità di intendere e volere. Entrambi i piani del giudizio presuppongono conoscenze tecnico-normative; da qui la necessità che il giudice sia coadiuvato da uno o più esperti. L’Autrice prende le distanze dal diffuso scetticismo circa l’affidabilità scientifica della psichiatria e si interroga, piuttosto, sugli strumenti più idonei ad assicurare affidabilità e scientificità all’accertamento peritale. In questo contesto vengono valorizzati gli apporti dell’esperienza nordamericana in materia di rapporti tra prova scientifica e processo penale e la progressiva trasformazione del giudice in “custode del metodo”. Nell’ultima parte del lavoro – dedicata alla valutazione dell’incidenza del disturbo sulla capacità di intendere e volere – si sottolinea l’importanza dell’accertamento del nesso eziologico tra il disturbo ed il reato contestato, auspicandosi un superamento, de iure condendo, del concetto di “pericolosità sociale”.
Il giudizio di imputabilità tra complessità fenomenica ed esigenze di rigore scientifico
COLLICA, Maria Teresa
2008-01-01
Abstract
Il saggio affronta il tema dell’interrelazione dialettica tra giudice e perito nell’accertamento dell’imputabilità. Punto di partenza è la struttura bifasica del giudizio sull’imputabilità, in forza del quale l’esistenza di una infermità mentale non è sufficiente di per sé ad escludere l’imputabilità di chi ha commesso il reato, occorrendo altresì verificare se la devianza abbia compromesso la capacità di intendere e volere. Entrambi i piani del giudizio presuppongono conoscenze tecnico-normative; da qui la necessità che il giudice sia coadiuvato da uno o più esperti. L’Autrice prende le distanze dal diffuso scetticismo circa l’affidabilità scientifica della psichiatria e si interroga, piuttosto, sugli strumenti più idonei ad assicurare affidabilità e scientificità all’accertamento peritale. In questo contesto vengono valorizzati gli apporti dell’esperienza nordamericana in materia di rapporti tra prova scientifica e processo penale e la progressiva trasformazione del giudice in “custode del metodo”. Nell’ultima parte del lavoro – dedicata alla valutazione dell’incidenza del disturbo sulla capacità di intendere e volere – si sottolinea l’importanza dell’accertamento del nesso eziologico tra il disturbo ed il reato contestato, auspicandosi un superamento, de iure condendo, del concetto di “pericolosità sociale”.Pubblicazioni consigliate
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