Il saggio prende spunto d all’entrata in vigore della L. 24 febbraio 2006, n. 85, per tentare di rispondere al seguente interrogativo: deve l’ordinamento statuale esprimere una qualche forma di rispetto specifico ai valori religiosi? Se la risposte fosse affermativa, e transitando al “penale”, deve il sistema della parte speciale del nostro diritto penale occuparsi direttamente di tale rispetto, in uguaglianza di libertà, verso le confessioni religiose, le fedi religiose, le tradizioni religiose, le sensibilità religiose? Preliminarmente ci si sofferma sul principio di laicità e sul ruolo dell’intervento penale in una società pluralistica. Successivamente si evidenziano i punti di maggiore criticità della riforma dei delitti in materia di religione. Al di là delle singole scelte di incriminazione, è l’impianto complessivo del sistema delineato dalla (pseudo) riforma del 2006 a suscitare profonde riserve. Esso risulta, infatti, contraddittorio: ci troviamo, infatti, di fronte ad un comparto a due velocità. con un trattamento “frenato”, di mera facciata, di basso profilo, riguardo al “centro” del penale di religione – il vilipendio – e contestualmente una disciplina più solida e credibile, in quanto, innervata da “un sicuro fondamento di legittimità”, potremmo dire di “medio” profilo, per le condotte di impedimento e turbamento dell’esercizio dei culti. Al contrario, sarebbero necessari indirizzi politico-criminali chiari, e conseguenti regolamentazioni non divergenti, piuttosto che ipocriti compromessi al ribasso.

Pluralismo e secolarizzazione dei valori: la superstite tutela penale del fattore religioso nell'ordinamento italiano.

SIRACUSANO, Placido
2009-01-01

Abstract

Il saggio prende spunto d all’entrata in vigore della L. 24 febbraio 2006, n. 85, per tentare di rispondere al seguente interrogativo: deve l’ordinamento statuale esprimere una qualche forma di rispetto specifico ai valori religiosi? Se la risposte fosse affermativa, e transitando al “penale”, deve il sistema della parte speciale del nostro diritto penale occuparsi direttamente di tale rispetto, in uguaglianza di libertà, verso le confessioni religiose, le fedi religiose, le tradizioni religiose, le sensibilità religiose? Preliminarmente ci si sofferma sul principio di laicità e sul ruolo dell’intervento penale in una società pluralistica. Successivamente si evidenziano i punti di maggiore criticità della riforma dei delitti in materia di religione. Al di là delle singole scelte di incriminazione, è l’impianto complessivo del sistema delineato dalla (pseudo) riforma del 2006 a suscitare profonde riserve. Esso risulta, infatti, contraddittorio: ci troviamo, infatti, di fronte ad un comparto a due velocità. con un trattamento “frenato”, di mera facciata, di basso profilo, riguardo al “centro” del penale di religione – il vilipendio – e contestualmente una disciplina più solida e credibile, in quanto, innervata da “un sicuro fondamento di legittimità”, potremmo dire di “medio” profilo, per le condotte di impedimento e turbamento dell’esercizio dei culti. Al contrario, sarebbero necessari indirizzi politico-criminali chiari, e conseguenti regolamentazioni non divergenti, piuttosto che ipocriti compromessi al ribasso.
2009
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