Il lavoro trae spunto da una questione di costituzionalità sollevata dinanzi alla Corte costituzionale, l’ord. n. 89 del 2009, concernente l’incerta dimensione dei limiti della potestà legislativa delle Regioni speciali, in riferimento all’ineleggibilità ed incompatibilità dei Consiglieri regionali. Prima di esaminare la fattispecie concreta, lo studio approfondisce la distinzione generale tra incompatibilità ed ineleggibilità che, pur lineare sotto il profilo teorico, appare alquanto oscura nella pratica applicazione, in conseguenza della confusione tra di essi scaturente dalla produzione caotica delle discipline relative alle diverse “tipologie” di elezioni. A differenza del passato, la finalità teleologica dell’ineleggibilità, con l’evoluzione dei tempi, prende il sopravvento su quella funzionale, pertanto, la sua ratio è stata di fatto snaturata e confusa con quella dell’incompatibilità, comprendendo i casi tipici del conflitto di interesse. Le cause di ineleggibilità, essendo norme eccezionali che limitano un diritto fondamentale della persona non sono suscettibili di analogia, quindi, si applicano ai soli casi previsti dal legislatore e comportano la nullità della elezione. La giurisprudenza costituzionale ha individuato ulteriori cause di ineleggibilità, ricomprendendo ipotesi di possibile conflitto tra funzioni che, se svolte congiuntamente, non garantirebbero l’imparzialità dovuta. In altre parole, non sarebbe possibile assicurare la correttezza e libertà nella competizione elettorale, quindi, la parità di chances tra i candidati. L’istituto dell’incompatibilità ha una diversa finalità per ragioni di ordine morale, soprattutto oggi in realtà socio-economiche molto articolate, riconducibili ai principi indicati negli artt. 67 e 97 della Costituzione. È necessario evitare attraverso tale istituto che il titolare di pubbliche funzioni si trovi esposto alla tentazione di perseguire interessi privati. Il presente lavoro sottolinea la necessità di una seria valutazione della problematiche legate all’esercizio delle funzioni pubbliche, auspicando l’adozione di soluzioni nuove. Resta ferma l’osservanza della ratio dell’ineleggibilità ed incompatibilità parlamentare che, pertanto, diventa un limite invalicabile anche per le Regioni a statuto speciale, pur titolari, a seguito della riforma del 2001, della potestà legislativa piena in materia elettorale, nel contesto della prescelta nuova forma di governo neo-parlamentare. Non è possibile accettare oggi discipline che ricalchino le legislazioni ottocentesche e la stessa giurisprudenza costituzionale è intervenuta per colpire discipline irragionevoli. Le criticità dei due istituti, come evidenziato, sono tutte collegate ad eccessive stratificazioni legislative che non sono state revisionate interamente dal legislatore, nonostante le sollecitazioni della dottrina e della giurisprudenza. Solo la legge cornice n. 165 del 2004 emanata a seguito della revisione dell’art. 122 Cost., ha certamente tentato di razionalizzare i due istituti ampliando, a ragione, le cause di incompatibilità piuttosto che comprimere il diritto di elettorato passivo, giustificabile solo in funzione della salvaguardia di interessi costituzionali. Prima delle considerazioni conclusive è stato necessario fare alcune notazioni sulla forma di governo nello Statuto siciliano e sulla potestà legislativa in materia elettorale. Infatti, l’ordinanza n. 89 sopra citata mette in luce una lacuna in tema di incompatibilità, della legge regionale siciliana n. 22 del 2007 e cioè la mancata previsione dell’incompatibilità del deputato regionale con la carica di Sindaco o assessore di Comuni con popolazione superiore a 40.000 abitanti o di presidente o assessore regionale. La difesa del resistente desunta dall’ordinanza riteneva conforme tale disciplina alla Costituzione ed ai principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, senza tenere in debito conto che come già chiarito dalla Corte costituzionale la differenziazione delle discipline che in tale materia impongono una di disciplina in tutto il territorio della Repubblica è plausibile se sostenuta da particolari esigenze da tutelare specificamente in quel determinato territorio. Ma in tale caso come evidenziato nel lavoro, tale argomentazione non è sostenibile.

Una questione di costituzionalità ad oggi non risolta: l'incerta dimensione dei limiti della potestà legislativa delle Regioni speciali in riferimento all'ineleggibilità ed incompatibilità dei consiglieri regionali

QUATTROCCHI, Maria Letteria
2010-01-01

Abstract

Il lavoro trae spunto da una questione di costituzionalità sollevata dinanzi alla Corte costituzionale, l’ord. n. 89 del 2009, concernente l’incerta dimensione dei limiti della potestà legislativa delle Regioni speciali, in riferimento all’ineleggibilità ed incompatibilità dei Consiglieri regionali. Prima di esaminare la fattispecie concreta, lo studio approfondisce la distinzione generale tra incompatibilità ed ineleggibilità che, pur lineare sotto il profilo teorico, appare alquanto oscura nella pratica applicazione, in conseguenza della confusione tra di essi scaturente dalla produzione caotica delle discipline relative alle diverse “tipologie” di elezioni. A differenza del passato, la finalità teleologica dell’ineleggibilità, con l’evoluzione dei tempi, prende il sopravvento su quella funzionale, pertanto, la sua ratio è stata di fatto snaturata e confusa con quella dell’incompatibilità, comprendendo i casi tipici del conflitto di interesse. Le cause di ineleggibilità, essendo norme eccezionali che limitano un diritto fondamentale della persona non sono suscettibili di analogia, quindi, si applicano ai soli casi previsti dal legislatore e comportano la nullità della elezione. La giurisprudenza costituzionale ha individuato ulteriori cause di ineleggibilità, ricomprendendo ipotesi di possibile conflitto tra funzioni che, se svolte congiuntamente, non garantirebbero l’imparzialità dovuta. In altre parole, non sarebbe possibile assicurare la correttezza e libertà nella competizione elettorale, quindi, la parità di chances tra i candidati. L’istituto dell’incompatibilità ha una diversa finalità per ragioni di ordine morale, soprattutto oggi in realtà socio-economiche molto articolate, riconducibili ai principi indicati negli artt. 67 e 97 della Costituzione. È necessario evitare attraverso tale istituto che il titolare di pubbliche funzioni si trovi esposto alla tentazione di perseguire interessi privati. Il presente lavoro sottolinea la necessità di una seria valutazione della problematiche legate all’esercizio delle funzioni pubbliche, auspicando l’adozione di soluzioni nuove. Resta ferma l’osservanza della ratio dell’ineleggibilità ed incompatibilità parlamentare che, pertanto, diventa un limite invalicabile anche per le Regioni a statuto speciale, pur titolari, a seguito della riforma del 2001, della potestà legislativa piena in materia elettorale, nel contesto della prescelta nuova forma di governo neo-parlamentare. Non è possibile accettare oggi discipline che ricalchino le legislazioni ottocentesche e la stessa giurisprudenza costituzionale è intervenuta per colpire discipline irragionevoli. Le criticità dei due istituti, come evidenziato, sono tutte collegate ad eccessive stratificazioni legislative che non sono state revisionate interamente dal legislatore, nonostante le sollecitazioni della dottrina e della giurisprudenza. Solo la legge cornice n. 165 del 2004 emanata a seguito della revisione dell’art. 122 Cost., ha certamente tentato di razionalizzare i due istituti ampliando, a ragione, le cause di incompatibilità piuttosto che comprimere il diritto di elettorato passivo, giustificabile solo in funzione della salvaguardia di interessi costituzionali. Prima delle considerazioni conclusive è stato necessario fare alcune notazioni sulla forma di governo nello Statuto siciliano e sulla potestà legislativa in materia elettorale. Infatti, l’ordinanza n. 89 sopra citata mette in luce una lacuna in tema di incompatibilità, della legge regionale siciliana n. 22 del 2007 e cioè la mancata previsione dell’incompatibilità del deputato regionale con la carica di Sindaco o assessore di Comuni con popolazione superiore a 40.000 abitanti o di presidente o assessore regionale. La difesa del resistente desunta dall’ordinanza riteneva conforme tale disciplina alla Costituzione ed ai principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, senza tenere in debito conto che come già chiarito dalla Corte costituzionale la differenziazione delle discipline che in tale materia impongono una di disciplina in tutto il territorio della Repubblica è plausibile se sostenuta da particolari esigenze da tutelare specificamente in quel determinato territorio. Ma in tale caso come evidenziato nel lavoro, tale argomentazione non è sostenibile.
2010
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