In questo articolo viene presentato il dipinto “Socrate che invita a guardarsi allo specchio” con una attribuzione al pittore messinese Domenico Marolì (Messina 1612 – 1676) per gli evidenti legami stilistici che esso presenta con opere certe del pittore eseguite per privati (“Lot e le figlie”, “Giacobbe che inganna Isacco”, “Ebbrezza di Noè”). Il soggetto è tratto dalle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio dove si narra che il filosofo invitava i giovani a guardarsi allo specchio per meglio conoscere se stessi. L’opera rientra in quel filone di ritratti immaginari di filosofi e santi (apostoli, anacoreti ecc.) accompagnati da attributi alludenti alle loro idee o alle loro azioni che ebbe gran successo presso i collezionisti durante il Seicento e di cui uno dei più importanti diffusori fu il Ribera. A Messina questo genere fu particolarmente apprezzato dal principe e collezionista don Antonio Ruffo (che possedeva, tra l’altro, vari ed eccezionali esemplari di Ribera, di Rembrandt, di Guercino) e praticato con successo da Agostino Scilla (Messina 1629 – Roma 1700), a cui il dipinto in questione era stato precedentemente attribuito.
Titolo: | UN NUOVO QUADRO DA STANZA DI DOMENICO MAROLI' |
Autori: | |
Data di pubblicazione: | 2009 |
Rivista: | |
Abstract: | In questo articolo viene presentato il dipinto “Socrate che invita a guardarsi allo specchio” con una attribuzione al pittore messinese Domenico Marolì (Messina 1612 – 1676) per gli evidenti legami stilistici che esso presenta con opere certe del pittore eseguite per privati (“Lot e le figlie”, “Giacobbe che inganna Isacco”, “Ebbrezza di Noè”). Il soggetto è tratto dalle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio dove si narra che il filosofo invitava i giovani a guardarsi allo specchio per meglio conoscere se stessi. L’opera rientra in quel filone di ritratti immaginari di filosofi e santi (apostoli, anacoreti ecc.) accompagnati da attributi alludenti alle loro idee o alle loro azioni che ebbe gran successo presso i collezionisti durante il Seicento e di cui uno dei più importanti diffusori fu il Ribera. A Messina questo genere fu particolarmente apprezzato dal principe e collezionista don Antonio Ruffo (che possedeva, tra l’altro, vari ed eccezionali esemplari di Ribera, di Rembrandt, di Guercino) e praticato con successo da Agostino Scilla (Messina 1629 – Roma 1700), a cui il dipinto in questione era stato precedentemente attribuito. |
Handle: | http://hdl.handle.net/11570/1903862 |
Appare nelle tipologie: | 14.a.1 Articolo su rivista |