Gli autori affrontano il tema del danno biologico derivante da fatto illecito concretizzatosi in capo al de cuius prima di morire e come tale trasmissibile agli eredi, analizzandone la risarcibilità ed i criteri che devono orientare la sua valutazione. In tale contesto procedono preliminarmente all’esame delle teorie dottrinali che negli anni hanno “ricostruito” la fisionomia di tale danno – non previsto da alcuna disposizione normativa - e gli orientamenti giurisprudenziali che hanno diversamente recepito i suddetti orientamenti. In particolare vengono commentate le più recenti sentenze di legittimità sul tema, che si sono espresse in merito alla quantificazione dell’intervallo cronologico che debba trascorrere tra la lesione del bene salute e la morte dell’individuo, all’inammissibilità del danno biologico c.d. tanatologico e sulla risarcibilità del relativo danno morale. Gli autori evidenziano inoltre come la valutazione del danno non possa prescindere dalla verifica della congruità del suddetto intervallo temporale, da demandare a specifiche competenze medico-legali, cui dovrà essere rimessa anche la valutazione qualitativa e quantitativa del pregiudizio concretamente prodottosi in capo al de cuius. Vengono analizzati, conseguentemente, i criteri che secondo la giurisprudenza devono improntare la valutazione del danno biologico iure haereditatis sia nell’ipotesi in cui la morte dipenda dal fatto lesivo sia qualora la stessa sia del tutto estranea all’evento suddetto; infine, un esame comparativo tra queste due fattispecie utile ad evidenziarne le difficoltà valutative.
La Valutazione del danno biologico iure haereditatis sulla base del più recente orientamento giurisprudenziale.
SCURRIA, SERENA;GUALNIERA, Patrizia
2010-01-01
Abstract
Gli autori affrontano il tema del danno biologico derivante da fatto illecito concretizzatosi in capo al de cuius prima di morire e come tale trasmissibile agli eredi, analizzandone la risarcibilità ed i criteri che devono orientare la sua valutazione. In tale contesto procedono preliminarmente all’esame delle teorie dottrinali che negli anni hanno “ricostruito” la fisionomia di tale danno – non previsto da alcuna disposizione normativa - e gli orientamenti giurisprudenziali che hanno diversamente recepito i suddetti orientamenti. In particolare vengono commentate le più recenti sentenze di legittimità sul tema, che si sono espresse in merito alla quantificazione dell’intervallo cronologico che debba trascorrere tra la lesione del bene salute e la morte dell’individuo, all’inammissibilità del danno biologico c.d. tanatologico e sulla risarcibilità del relativo danno morale. Gli autori evidenziano inoltre come la valutazione del danno non possa prescindere dalla verifica della congruità del suddetto intervallo temporale, da demandare a specifiche competenze medico-legali, cui dovrà essere rimessa anche la valutazione qualitativa e quantitativa del pregiudizio concretamente prodottosi in capo al de cuius. Vengono analizzati, conseguentemente, i criteri che secondo la giurisprudenza devono improntare la valutazione del danno biologico iure haereditatis sia nell’ipotesi in cui la morte dipenda dal fatto lesivo sia qualora la stessa sia del tutto estranea all’evento suddetto; infine, un esame comparativo tra queste due fattispecie utile ad evidenziarne le difficoltà valutative.Pubblicazioni consigliate
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