Tornando ad esaminare la superstite tradizione della Strega grazziniana, e la sua storia redazionale, il saggio mette in discussione i risultati acquisiti da Michel Plaisance – che hanno condizionato i criteri su cui venne fondata la sua edizione critica della commedia – di recente recuperati e ripresentati all’attenzione degli studiosi. L’esplorazione dei materiali, infatti, ha suggerito nuovi, più lineari e coerenti, rapporti tra l’autografo fiorentino (F, conservato nel miscellaneo Magliabechiano VII 1385; deturpato da interventi censori dell’Inquisitor generalis dominij florentini, non certo dell’amico Borghini) e le due stampe, in-12 (V12) e in-8 (V8), uscite a Venezia «appresso Bernardo Giunti, e Fratelli» nel 1582, scartate dallo studioso francese, con motivazioni non sempre ineccepibili sul piano filologico, eppure figlie naturali di una copia autografa costruita dall’autore sulle fondamenta di F in vista della stampa veneziana, non esente, essa stessa, da sollecitazioni ‘autocensorie’. La proposta, implicita, che emerge dal saggio, traccia le linee metodologiche di una nuova edizione del testo che, pur fondandosi su F (in quanto testimone della libera volontà del Lasca), non possa trascurare il contributo rilevante delle consanguinee lezioni tramandate da V12 e da V8, come di fatto è avvenuto: in considerazione dell’ampio corredo di varianti ragionevolmente ascrivibili, per qualità e compattezza, alla mano dell’autore piuttosto che allo stravagante ipotizzato intervento di copisti e stampatori fiorentini e veneziani i quali avrebbero contaminato – senza alcun omogeneo congruente criterio, a ben guardare – l’originale facies di f (la copia che, licenziata dal Lasca, giunse alla tipografia veneziana).
L'inquieta tradizione della Strega del Lasca
DURANTE, Matteo
2012-01-01
Abstract
Tornando ad esaminare la superstite tradizione della Strega grazziniana, e la sua storia redazionale, il saggio mette in discussione i risultati acquisiti da Michel Plaisance – che hanno condizionato i criteri su cui venne fondata la sua edizione critica della commedia – di recente recuperati e ripresentati all’attenzione degli studiosi. L’esplorazione dei materiali, infatti, ha suggerito nuovi, più lineari e coerenti, rapporti tra l’autografo fiorentino (F, conservato nel miscellaneo Magliabechiano VII 1385; deturpato da interventi censori dell’Inquisitor generalis dominij florentini, non certo dell’amico Borghini) e le due stampe, in-12 (V12) e in-8 (V8), uscite a Venezia «appresso Bernardo Giunti, e Fratelli» nel 1582, scartate dallo studioso francese, con motivazioni non sempre ineccepibili sul piano filologico, eppure figlie naturali di una copia autografa costruita dall’autore sulle fondamenta di F in vista della stampa veneziana, non esente, essa stessa, da sollecitazioni ‘autocensorie’. La proposta, implicita, che emerge dal saggio, traccia le linee metodologiche di una nuova edizione del testo che, pur fondandosi su F (in quanto testimone della libera volontà del Lasca), non possa trascurare il contributo rilevante delle consanguinee lezioni tramandate da V12 e da V8, come di fatto è avvenuto: in considerazione dell’ampio corredo di varianti ragionevolmente ascrivibili, per qualità e compattezza, alla mano dell’autore piuttosto che allo stravagante ipotizzato intervento di copisti e stampatori fiorentini e veneziani i quali avrebbero contaminato – senza alcun omogeneo congruente criterio, a ben guardare – l’originale facies di f (la copia che, licenziata dal Lasca, giunse alla tipografia veneziana).Pubblicazioni consigliate
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