Le esigenze di efficiente organizzazione dell’impresa societaria inducono sovente gli amministratori ad avvalersi dell’attività di procuratori, ai quali sono conferiti incarichi per il compimento di una serie (più o meno ampia) di affari in nome e per conto della società. La gestione dell’impresa, infatti, richiede l’impiego di conoscenze talmente variegate e, allo stesso tempo, la profusione di un impegno così ampio (ad esempio, nello svolgimento dell’attività negoziale) da non potere essere interamente e direttamente svolta dall’organo amministrativo. Peraltro, “il consiglio di amministrazione, in quanto organo collegiale, che si riunisce solo con una certa periodicità (e talvolta solo poche volte in un anno), non è generalmente in grado di seguire con continuità, giorno per giorno, l’andamento dell’impresa, per cui si sente spesso la necessità di delegare almeno in parte i poteri del consiglio ad altri soggetti” , i quali saranno essi stessi membri del consiglio (art. 2381 c.c.) , ovvero anche estranei ad esso. Tale fenomeno, assai ricorrente nella pratica, presenta motivi di particolare interesse, soprattutto quando gli incarichi siano conferiti a soggetti estranei sia all’organizzazione societaria, che alla gerarchia interna all’impresa, e, pertanto, non inquadrabili nelle categorie degli ausiliari dell’imprenditore (artt. 2203 ss., c.c.), dei direttori generali (art. 2396 c.c.), ovvero degli altri dipendenti. Si tratta, cioè, di soggetti legati operativamente alla società esclusivamente da un comune rapporto di mandato rappresentativo. L’organo amministrativo si avvale dunque di professionalità e collaborazioni che, collocate in precisi modelli organizzativi aziendali, consentono di perseguire l’efficiente gestione dell’impresa societaria, da un lato, colmando le lacune di competenza del consiglio e, dall’altro, ottimizzandone il lavoro e l’attività. Tutto ciò, ovviamente, a condizione di osservare la misura di compatibilità tra i suddetti modelli organizzativi e le norme inderogabili dell’ordinamento societario che riservano l’esercizio della funzione amministrativa ai soggetti all’uopo nominati. La ricerca di questa misura di compatibilità, però, è resa ardua dalla varietà delle deleghe che possono essere conferite al fine della migliore organizzazione dell’impresa societaria. Esse, infatti, non si collocano tutte sullo stesso piano, dovendosi anzitutto distinguere tra quelle espressamente previste dalla legge, e quelle avvalorate dalla della tecnica amministrativa aziendale. Tra queste ultime, inoltre, le deleghe rilasciate a favore dei dipendenti della società presentano caratteristiche diverse da quelle conferite a soggetti estranei alla stessa.

La procura generale conferita a terzi dagli amministratori di società di capitali: condizioni e limiti di ammissibilità

LATELLA, Dario
2000-01-01

Abstract

Le esigenze di efficiente organizzazione dell’impresa societaria inducono sovente gli amministratori ad avvalersi dell’attività di procuratori, ai quali sono conferiti incarichi per il compimento di una serie (più o meno ampia) di affari in nome e per conto della società. La gestione dell’impresa, infatti, richiede l’impiego di conoscenze talmente variegate e, allo stesso tempo, la profusione di un impegno così ampio (ad esempio, nello svolgimento dell’attività negoziale) da non potere essere interamente e direttamente svolta dall’organo amministrativo. Peraltro, “il consiglio di amministrazione, in quanto organo collegiale, che si riunisce solo con una certa periodicità (e talvolta solo poche volte in un anno), non è generalmente in grado di seguire con continuità, giorno per giorno, l’andamento dell’impresa, per cui si sente spesso la necessità di delegare almeno in parte i poteri del consiglio ad altri soggetti” , i quali saranno essi stessi membri del consiglio (art. 2381 c.c.) , ovvero anche estranei ad esso. Tale fenomeno, assai ricorrente nella pratica, presenta motivi di particolare interesse, soprattutto quando gli incarichi siano conferiti a soggetti estranei sia all’organizzazione societaria, che alla gerarchia interna all’impresa, e, pertanto, non inquadrabili nelle categorie degli ausiliari dell’imprenditore (artt. 2203 ss., c.c.), dei direttori generali (art. 2396 c.c.), ovvero degli altri dipendenti. Si tratta, cioè, di soggetti legati operativamente alla società esclusivamente da un comune rapporto di mandato rappresentativo. L’organo amministrativo si avvale dunque di professionalità e collaborazioni che, collocate in precisi modelli organizzativi aziendali, consentono di perseguire l’efficiente gestione dell’impresa societaria, da un lato, colmando le lacune di competenza del consiglio e, dall’altro, ottimizzandone il lavoro e l’attività. Tutto ciò, ovviamente, a condizione di osservare la misura di compatibilità tra i suddetti modelli organizzativi e le norme inderogabili dell’ordinamento societario che riservano l’esercizio della funzione amministrativa ai soggetti all’uopo nominati. La ricerca di questa misura di compatibilità, però, è resa ardua dalla varietà delle deleghe che possono essere conferite al fine della migliore organizzazione dell’impresa societaria. Esse, infatti, non si collocano tutte sullo stesso piano, dovendosi anzitutto distinguere tra quelle espressamente previste dalla legge, e quelle avvalorate dalla della tecnica amministrativa aziendale. Tra queste ultime, inoltre, le deleghe rilasciate a favore dei dipendenti della società presentano caratteristiche diverse da quelle conferite a soggetti estranei alla stessa.
2000
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