Sullo sfondo dei temi relativi al “parlamentarismo”, così presenti nel dibattito politico italiano a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, l’articolo pone al centro della propria attenzione il progetto istituzionale di Giorgio Arcoleo (Caltagirone 1848 - Napoli 1914), insigne costituzionalista e brillante protagonista della vita politica e culturale italiana a cavaliere tra Otto e Novecento. Per il giurista siciliano, i mali derivanti dalla degenerazione della vita politica italiana erano il risultato della «deficienza degli ordini rappresentativi … come manifestazione morbosa di energie e tendenze politiche, soverchianti i limiti imposti a tutela dello Stato e dei diritti». Per questo, il suo piano trovava i propri presupposti, oltre che in un necessario e urgente rinnovamento delle classi dirigenti, in una ritrovata limpidezza di rapporti istituzionali. Il nuovo sistema, che avrebbe dovuto finalmente chiarire il rapporto tra politica e amministrazione, riequilibrando organi e funzioni ognuno con la propria di autonomia, nella superiore unità dello Stato e delle sue istituzioni, prevedeva nel suo nucleo essenziale un Capo dello Stato con un definito “raggio d’azione” su Governo e Parlamento; un governo forte che governava e non amministrava; un’amministrazione sottoposta solo alla legge e non ai partiti; una legge che accordava ad ogni cittadino una garanzia nei rapporti con lo Stato; un Parlamento che, con il concorso della sanzione regia, legiferava ed esercitava un deciso sindacato ispettivo, una solida “educazione politica” per i cittadini ed una Costituzione intesa quale garanzia suprema per la vita dello Stato e delle sue istituzioni, limite esterno, invalicabile, allo Stato stesso. Fatte queste premesse, il piano di risanamento istituzionale cui guardava Giorgio Arcoleo si perfezionava attraverso alcune concrete proposte di riforma quali l’Alta Corte di Giustizia, un’attenta legislazione sociale ed una riforma della rappresentanza politica per la Camera Alta (ma auspicata anche per la Camera dei Deputati), espressione di una rinnovata “classe politica”; la stessa cui aveva guardato Gaetano Mosca, prima di chiudersi su posizioni d strenua difesa delle istituzioni esistenti da ogni attacco proveniente dalla “democrazia sociale”. Quello della riforma del Senato era un tema ben presente nel dibattito politico italiano che, soprattutto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (non a caso in concomitanza con le discussioni parlamentari intorno alla modifica della legge elettorale politica tendente ad allargare il corpo elettorale) aveva registrato una serie di proposte dirette a spezzare il legame con Governo e a rafforzarne la natura rappresentativa . In questa stessa lunghezza d’onda si inseriva anche il progetto di Arcoleo che, ribadendo il principio della carica vitalizia e il sistema delle categorie, prevedeva la trasformazione del Senato di nomina regia in parzialmente elettivo. La storia politica e costituzionale italiana, però, non avrebbe seguito le strade qui brevemente riassunte: il Senato Regio si sarebbe rivelato irriformabile e la classe politica liberale dei primi lustri del secolo avrebbe scelto di chiudersi su posizioni sempre più rigide ed autoritarie.

Riformare le istituzioni per rafforzare lo Stato: il progetto istituzionale di Giorgio Arcoleo

TRIMARCHI, Carmen
2013-01-01

Abstract

Sullo sfondo dei temi relativi al “parlamentarismo”, così presenti nel dibattito politico italiano a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, l’articolo pone al centro della propria attenzione il progetto istituzionale di Giorgio Arcoleo (Caltagirone 1848 - Napoli 1914), insigne costituzionalista e brillante protagonista della vita politica e culturale italiana a cavaliere tra Otto e Novecento. Per il giurista siciliano, i mali derivanti dalla degenerazione della vita politica italiana erano il risultato della «deficienza degli ordini rappresentativi … come manifestazione morbosa di energie e tendenze politiche, soverchianti i limiti imposti a tutela dello Stato e dei diritti». Per questo, il suo piano trovava i propri presupposti, oltre che in un necessario e urgente rinnovamento delle classi dirigenti, in una ritrovata limpidezza di rapporti istituzionali. Il nuovo sistema, che avrebbe dovuto finalmente chiarire il rapporto tra politica e amministrazione, riequilibrando organi e funzioni ognuno con la propria di autonomia, nella superiore unità dello Stato e delle sue istituzioni, prevedeva nel suo nucleo essenziale un Capo dello Stato con un definito “raggio d’azione” su Governo e Parlamento; un governo forte che governava e non amministrava; un’amministrazione sottoposta solo alla legge e non ai partiti; una legge che accordava ad ogni cittadino una garanzia nei rapporti con lo Stato; un Parlamento che, con il concorso della sanzione regia, legiferava ed esercitava un deciso sindacato ispettivo, una solida “educazione politica” per i cittadini ed una Costituzione intesa quale garanzia suprema per la vita dello Stato e delle sue istituzioni, limite esterno, invalicabile, allo Stato stesso. Fatte queste premesse, il piano di risanamento istituzionale cui guardava Giorgio Arcoleo si perfezionava attraverso alcune concrete proposte di riforma quali l’Alta Corte di Giustizia, un’attenta legislazione sociale ed una riforma della rappresentanza politica per la Camera Alta (ma auspicata anche per la Camera dei Deputati), espressione di una rinnovata “classe politica”; la stessa cui aveva guardato Gaetano Mosca, prima di chiudersi su posizioni d strenua difesa delle istituzioni esistenti da ogni attacco proveniente dalla “democrazia sociale”. Quello della riforma del Senato era un tema ben presente nel dibattito politico italiano che, soprattutto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (non a caso in concomitanza con le discussioni parlamentari intorno alla modifica della legge elettorale politica tendente ad allargare il corpo elettorale) aveva registrato una serie di proposte dirette a spezzare il legame con Governo e a rafforzarne la natura rappresentativa . In questa stessa lunghezza d’onda si inseriva anche il progetto di Arcoleo che, ribadendo il principio della carica vitalizia e il sistema delle categorie, prevedeva la trasformazione del Senato di nomina regia in parzialmente elettivo. La storia politica e costituzionale italiana, però, non avrebbe seguito le strade qui brevemente riassunte: il Senato Regio si sarebbe rivelato irriformabile e la classe politica liberale dei primi lustri del secolo avrebbe scelto di chiudersi su posizioni sempre più rigide ed autoritarie.
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