L’art. 36 della nostra carta costituzionale rappresenta una delle sintesi più efficaci tra le culture della sinistra e dei cattolici in materia sociale. Esso, come è noto, enuncia al secondo comma il diritto dei lavoratori a una “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Nessuna previsione quindi, circa l’introduzione nel nostro ordinamento di minimi legali salariali. La giurisprudenza, a fronte della mancata attuazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 Cost. sull’efficacia generale dei contratti collettivi nazionali di categoria, ha provveduto attraverso l’interpretazione dell’art. 36 a risolvere la questione delle garanzie ai lavoratori del minimo salariale, qualificandolo come precettivo nel nostro ordinamento, anche se autorevoli settori dottrinali hanno qualificato come “falso problema” l’alternativa tra precettività e programmaticità della norma in questione , a causa dell’eterogenesi dei fini dell’articolo della Costituzione, il quale concepito quale norma programmatica si tramutò nell’interpretazione generale in norma precettiva, funzionale a risolvere il vuoto legislativo conseguente all’inattuazione dell’art. 39. La fine dell’unità d’azione contrattuale, pietra angolare della “Costituzione materiale” delle relazioni industriali italiane non ha, quindi, conseguenze solo sul terreno sociale e politico, ma anche di rilevanza giuridica, considerato che solo con il consenso delle maggiori centrali sindacali si può dare luogo alla necessaria autocomposizione sociale, escludendo così, interventi eteronomi rispetto ad un sistema di contrattazione basato esclusivamente sull’autonomia collettiva privata. La crisi dei contratti collettivi unitariamente stipulati quali fonti-fatto, sembra poter riproporre il tema del salario minimo garantito, considerato che nel rapporto tra regolamento inderogabile legale e autonomia individuale e collettiva, il criterio di favore discende da esigenze funzionalmente protettive del contraente debole, nell’ambito del ruolo di funzione di garanzia minima svolta dal regolamento stesso.

La nuova contrattazione collettiva e il salario minimo legale in Italia

BALLISTRERI, Gandolfo Maurizio
2013-01-01

Abstract

L’art. 36 della nostra carta costituzionale rappresenta una delle sintesi più efficaci tra le culture della sinistra e dei cattolici in materia sociale. Esso, come è noto, enuncia al secondo comma il diritto dei lavoratori a una “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Nessuna previsione quindi, circa l’introduzione nel nostro ordinamento di minimi legali salariali. La giurisprudenza, a fronte della mancata attuazione dei commi 2, 3 e 4 dell’art. 39 Cost. sull’efficacia generale dei contratti collettivi nazionali di categoria, ha provveduto attraverso l’interpretazione dell’art. 36 a risolvere la questione delle garanzie ai lavoratori del minimo salariale, qualificandolo come precettivo nel nostro ordinamento, anche se autorevoli settori dottrinali hanno qualificato come “falso problema” l’alternativa tra precettività e programmaticità della norma in questione , a causa dell’eterogenesi dei fini dell’articolo della Costituzione, il quale concepito quale norma programmatica si tramutò nell’interpretazione generale in norma precettiva, funzionale a risolvere il vuoto legislativo conseguente all’inattuazione dell’art. 39. La fine dell’unità d’azione contrattuale, pietra angolare della “Costituzione materiale” delle relazioni industriali italiane non ha, quindi, conseguenze solo sul terreno sociale e politico, ma anche di rilevanza giuridica, considerato che solo con il consenso delle maggiori centrali sindacali si può dare luogo alla necessaria autocomposizione sociale, escludendo così, interventi eteronomi rispetto ad un sistema di contrattazione basato esclusivamente sull’autonomia collettiva privata. La crisi dei contratti collettivi unitariamente stipulati quali fonti-fatto, sembra poter riproporre il tema del salario minimo garantito, considerato che nel rapporto tra regolamento inderogabile legale e autonomia individuale e collettiva, il criterio di favore discende da esigenze funzionalmente protettive del contraente debole, nell’ambito del ruolo di funzione di garanzia minima svolta dal regolamento stesso.
2013
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