Pur avendo suscitato un notevole interesse ed avviato un ampio dibattito negli ultimi anni, come dimostrano i numerosi studi condotti sul tema, si può affermare che la teoria della traduzione dei dialettalismi non ha ancora raggiunto dei risultati soddisfacenti. È probabile che si debba essenzialmente alla sproporzione tra gli studi teorici e quelli descrittivi: l’esiguità dei secondi, dunque, non permette ai primi di elaborare dei principi, teorie e modelli che possano spiegare tali fenomeni in modo esaustivo. Una volta esaminate le pur rispettabilissime teorie traduttologiche formulate al riguardo, si ha una chiara percezione di quanto siano distanti dalla realtà della pratica giornaliera nel momento in cui il traduttore si ritrova da solo di fronte ad un testo dialettale particolarmente complesso. Da cui il titolo dell’articolo, che inverte la direzionalità dell’impostazione metodologica puntando sull’individuazione del dato oggettivo dal quale risalire sino all’elaborazione di un’eventuale teoria condivisa. Tuttavia, è anche lecito chiedersi se le molteplici peculiarità dell’enunciazione mistilingue di Camilleri possano fornire elementi di rappresentatività tali da permettere di generalizzarne i procedimenti traduttivi e di trarne delle conclusioni rilevanti. Nel presente lavoro, partendo da un breve excursus sull’evoluzione degli studi traduttologici sui dialettalismi si cercherà di esplorare nuove ipotesi traduttive in lingua spagnola del linguaggio di Camilleri, alla luce dei classici livelli di analisi linguistica, ovvero fonetico-fonologico, morfosintattico e lessico-semantico, puntando, da una parte, sulla dimensione diastratica e diafasica per trasferire, attraverso analoghi artifizi linguistici, gli effetti comici e stranianti che un tale linguaggio provoca nel lettore italiano, e dall’altra, sullo sfruttamento della variazione diatopica per mezzo dell’espediente linguistico del code-mixing intrafrasale.

Tradurre Camilleri: dall'artifizio linguistico alle teorie traduttologiche

BRANDIMONTE, Giovanni
2015-01-01

Abstract

Pur avendo suscitato un notevole interesse ed avviato un ampio dibattito negli ultimi anni, come dimostrano i numerosi studi condotti sul tema, si può affermare che la teoria della traduzione dei dialettalismi non ha ancora raggiunto dei risultati soddisfacenti. È probabile che si debba essenzialmente alla sproporzione tra gli studi teorici e quelli descrittivi: l’esiguità dei secondi, dunque, non permette ai primi di elaborare dei principi, teorie e modelli che possano spiegare tali fenomeni in modo esaustivo. Una volta esaminate le pur rispettabilissime teorie traduttologiche formulate al riguardo, si ha una chiara percezione di quanto siano distanti dalla realtà della pratica giornaliera nel momento in cui il traduttore si ritrova da solo di fronte ad un testo dialettale particolarmente complesso. Da cui il titolo dell’articolo, che inverte la direzionalità dell’impostazione metodologica puntando sull’individuazione del dato oggettivo dal quale risalire sino all’elaborazione di un’eventuale teoria condivisa. Tuttavia, è anche lecito chiedersi se le molteplici peculiarità dell’enunciazione mistilingue di Camilleri possano fornire elementi di rappresentatività tali da permettere di generalizzarne i procedimenti traduttivi e di trarne delle conclusioni rilevanti. Nel presente lavoro, partendo da un breve excursus sull’evoluzione degli studi traduttologici sui dialettalismi si cercherà di esplorare nuove ipotesi traduttive in lingua spagnola del linguaggio di Camilleri, alla luce dei classici livelli di analisi linguistica, ovvero fonetico-fonologico, morfosintattico e lessico-semantico, puntando, da una parte, sulla dimensione diastratica e diafasica per trasferire, attraverso analoghi artifizi linguistici, gli effetti comici e stranianti che un tale linguaggio provoca nel lettore italiano, e dall’altra, sullo sfruttamento della variazione diatopica per mezzo dell’espediente linguistico del code-mixing intrafrasale.
2015
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