La sent. del 27 agosto 2015, caso Parrillo c. Italia, merita attenzione per le affermazioni che contiene su alcuni profili processuali, che toccano il rapporto tra l’incidente di legittimità costituzionale e l’obbligo del previo esaurimento dei rimedi interni al fine della presentazione del ricorso individuale dinanzi alla Corte europea. Nella concurring opinion del Presidente Raimondi et al. che accompagna la decisione, si afferma che la posizione dei giudici europei in Costa e Pavan – secondo cui in mancanza di ricorso diretto, il cittadino italiano non dispone di un rimedio effettivo per far valere diritti non dotati di previsione legislativa – non è più valida dopo le sentenze “gemelle” del 2009, che vincolano il giudice, nell’impossibilità di interpretare la legge conformemente alla Cedu a sollevare questione di legittimità costituzionale. Nella stessa si avverte però che tale innovazione, che condurrebbe a rivedere l’esclusione del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale tra i rimedi da esperire obbligatoriamente prima di rivolgersi ai giudici europei, è vanificata dalla sent. n. 49/2015 in cui il vincolo alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo viene indebolito. L’A. rileva come nell’opinion sia rinvenibile un velato invito alla Corte costituzionale ad un revirement rispetto alla sent. n. 49, con la prospettiva di una riammissione del giudizio in via incidentale tra i rimedi da esperire come condizione di ricevibilità del ricorso ex art. 35 Cedu.

Questione di legittimità costituzionale e previo esaurimento dei rimedi interni dopo la sent. n. 49/2015 (in margine a Corte edu, 27 ago. 2015, caso Parrillo)

SORRENTI, Giuseppa
2015-01-01

Abstract

La sent. del 27 agosto 2015, caso Parrillo c. Italia, merita attenzione per le affermazioni che contiene su alcuni profili processuali, che toccano il rapporto tra l’incidente di legittimità costituzionale e l’obbligo del previo esaurimento dei rimedi interni al fine della presentazione del ricorso individuale dinanzi alla Corte europea. Nella concurring opinion del Presidente Raimondi et al. che accompagna la decisione, si afferma che la posizione dei giudici europei in Costa e Pavan – secondo cui in mancanza di ricorso diretto, il cittadino italiano non dispone di un rimedio effettivo per far valere diritti non dotati di previsione legislativa – non è più valida dopo le sentenze “gemelle” del 2009, che vincolano il giudice, nell’impossibilità di interpretare la legge conformemente alla Cedu a sollevare questione di legittimità costituzionale. Nella stessa si avverte però che tale innovazione, che condurrebbe a rivedere l’esclusione del giudizio dinanzi alla Corte costituzionale tra i rimedi da esperire obbligatoriamente prima di rivolgersi ai giudici europei, è vanificata dalla sent. n. 49/2015 in cui il vincolo alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo viene indebolito. L’A. rileva come nell’opinion sia rinvenibile un velato invito alla Corte costituzionale ad un revirement rispetto alla sent. n. 49, con la prospettiva di una riammissione del giudizio in via incidentale tra i rimedi da esperire come condizione di ricevibilità del ricorso ex art. 35 Cedu.
2015
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