All’indomani della disposta cancellazione delle ex Province regionali siciliane, grossomodo corrispondenti a cinque sembrano i principali nodi, per così dire, “distributivi” inizialmente affrontati con l.r. n. 8, Istituzione dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane e successivamente messi a punto con la recente l.r. n. 15/2015, Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane: così, in particolare, ci si riferisce alla diversa ripartizione, rispettivamente, dei livelli di governo, dei confini territoriali, delle funzioni, del personale provinciale nonché delle entrate ed uscite originariamente facenti capo al rimosso ente intermedio. Peccato che – ad una prima ed estremamente succinta disamina – nessuna delle soluzioni così normativamente approntate appaia invero appagante della sofferta domanda di modernizzazione della pubblica amministrazione regionale, di contrazione della spesa nonché di razionalizzazione delle risorse ad ogni piè sospinto avanzata dalla cittadinanza siciliana. Più che nel merito, la speranza di un’adeguata risposta legislativa sembra dunque passare, prima ed innanzitutto, per una decisa inversione nel metodo riformatore, volta ad accorciare (anziché allargare…) lo scollamento ancora attualmente esistente tra interessi emergenti dal territorio locale e cura degli stessi.

Il recente riordino delle autonomie locali siciliane alla prova dei fatti: fra nodi ancora da sciogliere ed un’auspicabile inversione del metodo riformatore per il futuro

AGOSTA, STEFANO
2015-01-01

Abstract

All’indomani della disposta cancellazione delle ex Province regionali siciliane, grossomodo corrispondenti a cinque sembrano i principali nodi, per così dire, “distributivi” inizialmente affrontati con l.r. n. 8, Istituzione dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane e successivamente messi a punto con la recente l.r. n. 15/2015, Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane: così, in particolare, ci si riferisce alla diversa ripartizione, rispettivamente, dei livelli di governo, dei confini territoriali, delle funzioni, del personale provinciale nonché delle entrate ed uscite originariamente facenti capo al rimosso ente intermedio. Peccato che – ad una prima ed estremamente succinta disamina – nessuna delle soluzioni così normativamente approntate appaia invero appagante della sofferta domanda di modernizzazione della pubblica amministrazione regionale, di contrazione della spesa nonché di razionalizzazione delle risorse ad ogni piè sospinto avanzata dalla cittadinanza siciliana. Più che nel merito, la speranza di un’adeguata risposta legislativa sembra dunque passare, prima ed innanzitutto, per una decisa inversione nel metodo riformatore, volta ad accorciare (anziché allargare…) lo scollamento ancora attualmente esistente tra interessi emergenti dal territorio locale e cura degli stessi.
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