Con la sentenza in epigrafe, la Corte Edu ha sancito la violazione da parte dell’Italia del principio di legalità, avendo condannato Bruno Contrada per concorso esterno in associazione mafiosa a causa di condotte commesse in un periodo antecedente rispetto alla sentenza della Cassazione c.d. Demitry, riconosciuta come sentenza “pilota” su tale reato. Con tale pronuncia, la Corte di Strasburgo sanziona la presunta imprevedibilità per il condannato del diritto applicato, frutto di un mutamento giurisprudenziale sfavorevole: nel sistema Cedu, infatti, ai fini dell’applicazione del principio di irretroattività, la giurisprudenza è equiparata alla fonte legale. Le motivazioni seguite dalla Corte, tuttavia, non convincono del tutto: a un carente approfondimento sul piano socio-criminologico dei fenomeni di contiguità mafiosa nell’analisi della giurisprudenza interna sul reato di concorso esterno, si accompagna una discutibile commistione di piani ordinamentali nell’applicazione del principio di legalità, non essendo chiaro se, con la sentenza in questione, la Corte abbia inteso imporre all’Italia una valorizzazione in chiave vincolante del precedente, alla stregua degli ordinamenti di common law. Se così fosse, non sarebbe da escludersi che l’art. 7 Cedu, così come interpretato dalla Corte, si ponga in contrasto con l’art. 25 comma 2 della nostra Costituzione, essendo quello di legalità, valorizzato nella prospettiva del principio della separazione dei poteri, uno dei crismi fondamentali su cui si basa il nostro ordinamento penale.

La presunta violazione da parte dell'Italia del principio di legalità ex art. 7 Cedu: un discutibile approccio ermeneutico o un problema reale?

MARINO, GIUSEPPE
2015-01-01

Abstract

Con la sentenza in epigrafe, la Corte Edu ha sancito la violazione da parte dell’Italia del principio di legalità, avendo condannato Bruno Contrada per concorso esterno in associazione mafiosa a causa di condotte commesse in un periodo antecedente rispetto alla sentenza della Cassazione c.d. Demitry, riconosciuta come sentenza “pilota” su tale reato. Con tale pronuncia, la Corte di Strasburgo sanziona la presunta imprevedibilità per il condannato del diritto applicato, frutto di un mutamento giurisprudenziale sfavorevole: nel sistema Cedu, infatti, ai fini dell’applicazione del principio di irretroattività, la giurisprudenza è equiparata alla fonte legale. Le motivazioni seguite dalla Corte, tuttavia, non convincono del tutto: a un carente approfondimento sul piano socio-criminologico dei fenomeni di contiguità mafiosa nell’analisi della giurisprudenza interna sul reato di concorso esterno, si accompagna una discutibile commistione di piani ordinamentali nell’applicazione del principio di legalità, non essendo chiaro se, con la sentenza in questione, la Corte abbia inteso imporre all’Italia una valorizzazione in chiave vincolante del precedente, alla stregua degli ordinamenti di common law. Se così fosse, non sarebbe da escludersi che l’art. 7 Cedu, così come interpretato dalla Corte, si ponga in contrasto con l’art. 25 comma 2 della nostra Costituzione, essendo quello di legalità, valorizzato nella prospettiva del principio della separazione dei poteri, uno dei crismi fondamentali su cui si basa il nostro ordinamento penale.
2015
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