L'articolo analizza il potere di rimozione degli esponenti aziendali recentemente attribuito alla Banca d'Italia, prendendo le mosse dalla vicenda "Credito di Romagna s.p.a.", quale primo caso di applicazione pratica dell'istituto nell'ordinamento italiano. Dopo alcune considerazioni di carattere generale, volte ad operare un inquadramento del "removal" (e delle distinte fattispecie in cui esso si articola) all'interno del quadro regolamentare nazionale e ad evidenziare i principali problemi interpretativi e applicativi che tale misura prospetta (specie sotto il profilo della definizione del suo raggio d'azione rispetto ad altre forme di intervento previste dall'ordinamento), il lavoro si concentra sul problema dei rimedi processuali azionabili dai soggetti colpiti dal provvedimento di rimozione, sinora oggetto di scarsa attenzione da parte della dottrina. Esclusa la possibilità di ricorso alla procedura sanzionatoria ex art. 145 TUB (malgrado la non indifferente connotazione "afflittiva" del provvedimento), si approfondisce in particolare l'opzione tra ricorso al giudice amministrativo e ricorso al giudice ordinario, per concludere che la prima ipotesi (confermata dalla qualificazione del "removal" come provvedimento di vigilanza, rilevante ex art. 133 c.p.a.) non esclude comunque uno spazio di giurisdizione del giudice ordinario, in alcune limitate circostanze, legate a particolari modalità di attuazione della misura in esame (i.e., "ordine di rimozione" rivolto all'intermediario dall'autorità di vigilanza, anziché rimozione "diretta"). Si auspica infine un futuro intervento legislativo, volto a gettare luce su quei profili dell'istituto (rapporti con altre misure, qualificazione come provvedimento sanzionatorio, definizione delle garanzie procedurali esigibili in sede di adozione del provvedimento e definizione dei rimedi processuali) che risultano ancora avvolti dal dubbio.
Il removal alla prova dei fatti. Note minime intorno al caso Credito di Romagna s.p.a.
CIRAOLO, Francesco
2017-01-01
Abstract
L'articolo analizza il potere di rimozione degli esponenti aziendali recentemente attribuito alla Banca d'Italia, prendendo le mosse dalla vicenda "Credito di Romagna s.p.a.", quale primo caso di applicazione pratica dell'istituto nell'ordinamento italiano. Dopo alcune considerazioni di carattere generale, volte ad operare un inquadramento del "removal" (e delle distinte fattispecie in cui esso si articola) all'interno del quadro regolamentare nazionale e ad evidenziare i principali problemi interpretativi e applicativi che tale misura prospetta (specie sotto il profilo della definizione del suo raggio d'azione rispetto ad altre forme di intervento previste dall'ordinamento), il lavoro si concentra sul problema dei rimedi processuali azionabili dai soggetti colpiti dal provvedimento di rimozione, sinora oggetto di scarsa attenzione da parte della dottrina. Esclusa la possibilità di ricorso alla procedura sanzionatoria ex art. 145 TUB (malgrado la non indifferente connotazione "afflittiva" del provvedimento), si approfondisce in particolare l'opzione tra ricorso al giudice amministrativo e ricorso al giudice ordinario, per concludere che la prima ipotesi (confermata dalla qualificazione del "removal" come provvedimento di vigilanza, rilevante ex art. 133 c.p.a.) non esclude comunque uno spazio di giurisdizione del giudice ordinario, in alcune limitate circostanze, legate a particolari modalità di attuazione della misura in esame (i.e., "ordine di rimozione" rivolto all'intermediario dall'autorità di vigilanza, anziché rimozione "diretta"). Si auspica infine un futuro intervento legislativo, volto a gettare luce su quei profili dell'istituto (rapporti con altre misure, qualificazione come provvedimento sanzionatorio, definizione delle garanzie procedurali esigibili in sede di adozione del provvedimento e definizione dei rimedi processuali) che risultano ancora avvolti dal dubbio.File | Dimensione | Formato | |
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