Nelle attuali pratiche educative e sociali si è ormai ampiamente affermato il criterio di mettere in atto una operatività fondata su solidi principi pedagogici posti in essere con l’assunzione di una coerente prospettiva di esito. In tale contesto, il livello di successo, sul piano sia quantitativo che qualitativo, appare strettamente connesso al rispetto dei vincoli di sistematicità, con l’adozione di modelli d’azione adattabili alla molteplicità e alla diversità dei contesti di riferimento, con l’accortezza di un controllo sistematico e critico del suo svolgersi, con la ricchezza della convergenza collaborativa e, non ultima, la sostenibilità del suo concretizzarsi con i mezzi realmente disponibili. I modelli organizzativi e gestionali di questa pratica trovano efficace rappresentazione in due basilari concetti, tra loro relativamente dissimili: quello di “integrazione” e quello di “inclusione”. Entrambi certamente efficaci, ma che danno luogo ciascuno a specificità applicativa, soprattutto sul piano organizzativo e gestionale, ma anche su quello della prospettazione degli esiti. Purtroppo il loro significato non sempre è ben chiaro, tant’è che spesso vengono concepiti in termini di sinonimia, con effetti certamente limitativi per la qualità stessa dei servizi (educativi e sociali) posti in essere. Da qui la necessità di soffermarsi, seppure in modo essenziale, sui rispettivi significati, sui principi ad essi sottesi e sulla loro reale utilizzabilità.

Inclusione e integrazione. Modelli alternativi o correlati di organizzazione?

Curatola, Annamaria
2016-01-01

Abstract

Nelle attuali pratiche educative e sociali si è ormai ampiamente affermato il criterio di mettere in atto una operatività fondata su solidi principi pedagogici posti in essere con l’assunzione di una coerente prospettiva di esito. In tale contesto, il livello di successo, sul piano sia quantitativo che qualitativo, appare strettamente connesso al rispetto dei vincoli di sistematicità, con l’adozione di modelli d’azione adattabili alla molteplicità e alla diversità dei contesti di riferimento, con l’accortezza di un controllo sistematico e critico del suo svolgersi, con la ricchezza della convergenza collaborativa e, non ultima, la sostenibilità del suo concretizzarsi con i mezzi realmente disponibili. I modelli organizzativi e gestionali di questa pratica trovano efficace rappresentazione in due basilari concetti, tra loro relativamente dissimili: quello di “integrazione” e quello di “inclusione”. Entrambi certamente efficaci, ma che danno luogo ciascuno a specificità applicativa, soprattutto sul piano organizzativo e gestionale, ma anche su quello della prospettazione degli esiti. Purtroppo il loro significato non sempre è ben chiaro, tant’è che spesso vengono concepiti in termini di sinonimia, con effetti certamente limitativi per la qualità stessa dei servizi (educativi e sociali) posti in essere. Da qui la necessità di soffermarsi, seppure in modo essenziale, sui rispettivi significati, sui principi ad essi sottesi e sulla loro reale utilizzabilità.
2016
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