Se l’esponenziale aumento delle domande di protezione internazionale nei confronti delle competenti Commissioni territoriali dal punto di vista amministrativo ha portato con sé una corrispondente crescita del contenzioso sotto il profilo giurisdizionale, la risposta approntata da parte del legislatore si è articolata su due ben distinti versanti: per così dire in uscita, allo scopo di garantire maggiore effettività ai provvedimenti di espulsione e allontanamento dei cittadini stranieri in condizione di soggiorno irregolare (ad esempio, potenziando la rete dei centri di identificazione ed espulsione e destinando nuove risorse per l’esecuzione dei rimpatri); in entrata, al fine di rendere più snello ed efficiente l’accertamento del diritto del migrante alla protezione internazionale. Il segmento giurisdizionale dell’intera procedura, in particolare, è risultato profondamente revisionato sia sul versante del procedimento che su quello dell’organo competente. Con riferimento al primo, due sono state le misure adottate per semplificare (recte, rendere più efficienti) i procedimenti di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta: e, cioè, l’eliminazione del secondo grado di giudizio e, per così dire, l’alleggerimento processuale dell’unico grado rimasto. Rispetto all’organo competente, l’innovazione legislativa in parola ha istituito, presso i Tribunali ordinari del luogo nel quale hanno sede le Corti d’Appello, le c.d. sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. Sul piano del merito, la riforma in epigrafe non solo ha incautamente esteso la competenza delle nominate sezioni anche alle cause ed ai procedimenti c.d. connessi (ad organico invariato) ma nulla ha in effetti espressamente disposto circa i possibili criteri di risoluzione di eventuali conflitti di competenza (sia positivi che negativi): i quali ultimi – è ragionevole presumere – andrebbero perciò risolti in applicazione dell’ordinaria regolamentazione sul punto. Col previsto innalzamento del numero di sedi istitutive delle neonate sezioni, peraltro, la menzionata questione ovviamente non riguarderebbe tanto il versante esterno del possibile contrasto (tra Tribunale non specializzato e specializzato, cioè) quanto, piuttosto, quello interno (con riferimento, in altre parole, al rapporto fra sezioni specializzate e le altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario). Nella diversa prospettiva di metodo, la presente disciplina appare assai carente sul versante dei mezzi messi in campo ed alquanto discutibile con riferimento ai fini prefissati (rectius, al bilanciamento ad essi sotteso). Relativamente ai primi, non ragionevole può ritenersi la pretesa di aver voluto introdurre una novella talmente incisiva ed ambiziosa, per così dire, a costo zero: di avere, in altre parole, istituito, sezioni giurisdizionali ad hoc senza avere contestualmente previsto, tuttavia, corrispondenti misure, rispettivamente, in tema di aumento di organico della magistratura nonché di smaltimento dell’arretrato. Passando al restante profilo dei fini perseguiti, abbastanza evidente pare che si sia voluto destrutturare il procedimento giurisdizionale in materia di protezione internazionale, e ridisegnarne le rispettive fasi, prendendo esclusivamente le mosse dalla duplice esigenza, per un verso, di professionalizzazione dell’organo giudicante e, per un altro, di accelerazione del procedimento previsto. Peccato, ad ogni modo, che nessuna delle modalità prescelte dal legislatore per centrare siffatti obiettivi sembra fino in fondo convincere. Sull’altare dell’esigenza (pur meritevole ed auspicabile) di celerità e snellezza procedimentale, al contrario, la complessiva impressione è che si siano volute irragionevolmente sacrificare le uniche preziose occasioni per il richiedente di far valere un’effettiva difesa ed una parimenti reale partecipazione al contraddittorio nel processo.
La disciplina in tema di protezione internazionale e contrasto all’immigrazione illegale. Osservazioni a prima lettura
Agosta Stefano
2017-01-01
Abstract
Se l’esponenziale aumento delle domande di protezione internazionale nei confronti delle competenti Commissioni territoriali dal punto di vista amministrativo ha portato con sé una corrispondente crescita del contenzioso sotto il profilo giurisdizionale, la risposta approntata da parte del legislatore si è articolata su due ben distinti versanti: per così dire in uscita, allo scopo di garantire maggiore effettività ai provvedimenti di espulsione e allontanamento dei cittadini stranieri in condizione di soggiorno irregolare (ad esempio, potenziando la rete dei centri di identificazione ed espulsione e destinando nuove risorse per l’esecuzione dei rimpatri); in entrata, al fine di rendere più snello ed efficiente l’accertamento del diritto del migrante alla protezione internazionale. Il segmento giurisdizionale dell’intera procedura, in particolare, è risultato profondamente revisionato sia sul versante del procedimento che su quello dell’organo competente. Con riferimento al primo, due sono state le misure adottate per semplificare (recte, rendere più efficienti) i procedimenti di riconoscimento dello status di persona internazionalmente protetta: e, cioè, l’eliminazione del secondo grado di giudizio e, per così dire, l’alleggerimento processuale dell’unico grado rimasto. Rispetto all’organo competente, l’innovazione legislativa in parola ha istituito, presso i Tribunali ordinari del luogo nel quale hanno sede le Corti d’Appello, le c.d. sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. Sul piano del merito, la riforma in epigrafe non solo ha incautamente esteso la competenza delle nominate sezioni anche alle cause ed ai procedimenti c.d. connessi (ad organico invariato) ma nulla ha in effetti espressamente disposto circa i possibili criteri di risoluzione di eventuali conflitti di competenza (sia positivi che negativi): i quali ultimi – è ragionevole presumere – andrebbero perciò risolti in applicazione dell’ordinaria regolamentazione sul punto. Col previsto innalzamento del numero di sedi istitutive delle neonate sezioni, peraltro, la menzionata questione ovviamente non riguarderebbe tanto il versante esterno del possibile contrasto (tra Tribunale non specializzato e specializzato, cioè) quanto, piuttosto, quello interno (con riferimento, in altre parole, al rapporto fra sezioni specializzate e le altre sezioni dello stesso ufficio giudiziario). Nella diversa prospettiva di metodo, la presente disciplina appare assai carente sul versante dei mezzi messi in campo ed alquanto discutibile con riferimento ai fini prefissati (rectius, al bilanciamento ad essi sotteso). Relativamente ai primi, non ragionevole può ritenersi la pretesa di aver voluto introdurre una novella talmente incisiva ed ambiziosa, per così dire, a costo zero: di avere, in altre parole, istituito, sezioni giurisdizionali ad hoc senza avere contestualmente previsto, tuttavia, corrispondenti misure, rispettivamente, in tema di aumento di organico della magistratura nonché di smaltimento dell’arretrato. Passando al restante profilo dei fini perseguiti, abbastanza evidente pare che si sia voluto destrutturare il procedimento giurisdizionale in materia di protezione internazionale, e ridisegnarne le rispettive fasi, prendendo esclusivamente le mosse dalla duplice esigenza, per un verso, di professionalizzazione dell’organo giudicante e, per un altro, di accelerazione del procedimento previsto. Peccato, ad ogni modo, che nessuna delle modalità prescelte dal legislatore per centrare siffatti obiettivi sembra fino in fondo convincere. Sull’altare dell’esigenza (pur meritevole ed auspicabile) di celerità e snellezza procedimentale, al contrario, la complessiva impressione è che si siano volute irragionevolmente sacrificare le uniche preziose occasioni per il richiedente di far valere un’effettiva difesa ed una parimenti reale partecipazione al contraddittorio nel processo.File | Dimensione | Formato | |
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