Abstract: La dimensione sonora delle opere pirandelliane ha sino ad ora ricevuto un’attenzione critica episodica e circoscritta ed in effetti la stessa poetica pirandelliana umoristica e conflittuale è apparsa a molti estranea al linguaggio della musica. Ritengo invece possibile un’analisi dei romanzi pirandelliani condotta da un’ottica sonora e fonica, focalizzando quindi non solo la presenza di musiche propriamente dette, ma anche l’orchestrazione di suoni/rumori degli ambienti in cui agiscono i personaggi. Si può affermare che la musica tradizionale, cioè l’esecuzione strumentale di brani di autore, funziona nei romanzi come residuo del passato, ormai vuoto di senso, grottesco, ridicolo. La pratica musicale appare allora maschera, emblema di una visione romanticizzata, falsa o illusoria, del reale. Ne L’esclusa (1901) la musica definisce con nettezza l’isolamento di Marta: la festa bestiale e violenta dei Santi Cosimo e Damiano respinge la donna con il suo denso volume rumoristico esprimendo la morale maschilista del paese, ma anche il suono del pianoforte è espressione di piccoli ideali borghesi ai quali Marta non ha più accesso. Ne Il turno (1902) l’esperienza musicale –le serenate, le esecuzioni pianistiche – appartiene ai personaggi deboli e perdenti, i giovani squattrinati e disutili che corteggiano Stellina. In questo caso lo sguardo critico dell’autore demistifica non la cultura musicale del passato, ma la conoscenza superficiale e modaiola del presente, che si ferma all’apparenza delle cose. Nel Fu Mattia Pascal (1904) l’ottuso sentimentalismo di Silvia Caporale si esprime in interpretazioni pianistiche folli, esasperate, emblema di un attardato spiritualismo ottocentesco; Mattia invece, sperduto nel fragore della città, avverte con lucida consapevolezza il caos e la mancanza di senso dei tempi moderni . Anche in Suo marito (1911) il wagnerismo è solo sfoggio di erudizione, e marca la sostanziale attitudine alla finzione del gruppo di intellettuali che circonda e inganna Giustino Boggiolo, ai rumori disarmonici della città e alle sue mode culturali si contrappone invece l’armonia della campagna, dove Silvia, orchestrando nella solitudine i suoni della natura, ritrova se stessa. Nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1916/1925) la contrapposizione fra cultura- modernità- dissonanza, e natura- armonia diventa centrale e si convoglia in un personaggio apparentemente marginale, ma in realtà portatore del senso profondo del romanzo: l’uomo del violino, emarginato dalla società perché costretto a suonare in modo meccanico, esegue mirabilmente una musica senza nome per la tigre tenuta in gabbia dalla società cinematografica per cui Serafino lavora; la sua splendida interpretazione finisce comunque per commuovere oltre misura anche il pubblico. Solo una musica veramente sentita, al di là delle mode, può rifondare il rapporto fra uomo e mondo, individuo e Natura, e ricostituire la mitica unità perduta.

Frammenti musicali, dissonanze e fragori nei romanzi di Luigi Pirandello

Daniela Bombara
2016-01-01

Abstract

Abstract: La dimensione sonora delle opere pirandelliane ha sino ad ora ricevuto un’attenzione critica episodica e circoscritta ed in effetti la stessa poetica pirandelliana umoristica e conflittuale è apparsa a molti estranea al linguaggio della musica. Ritengo invece possibile un’analisi dei romanzi pirandelliani condotta da un’ottica sonora e fonica, focalizzando quindi non solo la presenza di musiche propriamente dette, ma anche l’orchestrazione di suoni/rumori degli ambienti in cui agiscono i personaggi. Si può affermare che la musica tradizionale, cioè l’esecuzione strumentale di brani di autore, funziona nei romanzi come residuo del passato, ormai vuoto di senso, grottesco, ridicolo. La pratica musicale appare allora maschera, emblema di una visione romanticizzata, falsa o illusoria, del reale. Ne L’esclusa (1901) la musica definisce con nettezza l’isolamento di Marta: la festa bestiale e violenta dei Santi Cosimo e Damiano respinge la donna con il suo denso volume rumoristico esprimendo la morale maschilista del paese, ma anche il suono del pianoforte è espressione di piccoli ideali borghesi ai quali Marta non ha più accesso. Ne Il turno (1902) l’esperienza musicale –le serenate, le esecuzioni pianistiche – appartiene ai personaggi deboli e perdenti, i giovani squattrinati e disutili che corteggiano Stellina. In questo caso lo sguardo critico dell’autore demistifica non la cultura musicale del passato, ma la conoscenza superficiale e modaiola del presente, che si ferma all’apparenza delle cose. Nel Fu Mattia Pascal (1904) l’ottuso sentimentalismo di Silvia Caporale si esprime in interpretazioni pianistiche folli, esasperate, emblema di un attardato spiritualismo ottocentesco; Mattia invece, sperduto nel fragore della città, avverte con lucida consapevolezza il caos e la mancanza di senso dei tempi moderni . Anche in Suo marito (1911) il wagnerismo è solo sfoggio di erudizione, e marca la sostanziale attitudine alla finzione del gruppo di intellettuali che circonda e inganna Giustino Boggiolo, ai rumori disarmonici della città e alle sue mode culturali si contrappone invece l’armonia della campagna, dove Silvia, orchestrando nella solitudine i suoni della natura, ritrova se stessa. Nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore (1916/1925) la contrapposizione fra cultura- modernità- dissonanza, e natura- armonia diventa centrale e si convoglia in un personaggio apparentemente marginale, ma in realtà portatore del senso profondo del romanzo: l’uomo del violino, emarginato dalla società perché costretto a suonare in modo meccanico, esegue mirabilmente una musica senza nome per la tigre tenuta in gabbia dalla società cinematografica per cui Serafino lavora; la sua splendida interpretazione finisce comunque per commuovere oltre misura anche il pubblico. Solo una musica veramente sentita, al di là delle mode, può rifondare il rapporto fra uomo e mondo, individuo e Natura, e ricostituire la mitica unità perduta.
2016
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