Il rinvio legislativo ai “sindacati comparativamente maggiormente rappresentativi” in materia di contrattazione collettiva ha assunto palesi caratteri di eterogeneità dei fini, avuto riguardo all’elemento teleologico degli accordi che, di volta in volta, il legislatore ha previsto come aventi natura dispositiva, integrativa, derogatoria, ablativa o gestionale, con interventi giurisprudenziali espressivi di un quadro di incertezza legislativa. In questa prospettiva l’individuazione dei contratti collettivi da applicare attraverso il ricorso al criterio selettivo della comparazione tra i sindacati più rappresentativi pone evidenti questioni di costituzionalità in ordine al principio di libertà sindacale di cui al comma 1° dell’art. 39 della Costituzione, rilevati storicamente dalla dottrina. La consapevolezza di queste criticità ha indotto molta dottrina, e una parte dei sindacati, storicamente contrari a una legislazione sindacale, a ritenere possibile un intervento legislativo, soft e recettivo di regole concordate fra le parti sociali, in specie gli accordi interconfederali. E per contrastare il dumping sociale, l’ipotesi è quella di un salario minimo nazionale per legge a carattere intercategoriale, strumento di attuazione del precetto costituzionale della sufficienza retributiva, con l’affidamento ai contratti collettivi del compito di dare concretezza a quello della proporzionalità, sia per quanto concerne la quantità sia per la qualità. Nel nostro Paese si discute di tale istituto in una prospettiva più ampia, in relazione anche alla tutela di forme ibride di lavoro autonomo, come i cosiddetti riders.

Contrattazione collettiva, rappresentatività sindacale e contrasto al dumping sociale

Gandolfo Maurizio Ballistreri
2018-01-01

Abstract

Il rinvio legislativo ai “sindacati comparativamente maggiormente rappresentativi” in materia di contrattazione collettiva ha assunto palesi caratteri di eterogeneità dei fini, avuto riguardo all’elemento teleologico degli accordi che, di volta in volta, il legislatore ha previsto come aventi natura dispositiva, integrativa, derogatoria, ablativa o gestionale, con interventi giurisprudenziali espressivi di un quadro di incertezza legislativa. In questa prospettiva l’individuazione dei contratti collettivi da applicare attraverso il ricorso al criterio selettivo della comparazione tra i sindacati più rappresentativi pone evidenti questioni di costituzionalità in ordine al principio di libertà sindacale di cui al comma 1° dell’art. 39 della Costituzione, rilevati storicamente dalla dottrina. La consapevolezza di queste criticità ha indotto molta dottrina, e una parte dei sindacati, storicamente contrari a una legislazione sindacale, a ritenere possibile un intervento legislativo, soft e recettivo di regole concordate fra le parti sociali, in specie gli accordi interconfederali. E per contrastare il dumping sociale, l’ipotesi è quella di un salario minimo nazionale per legge a carattere intercategoriale, strumento di attuazione del precetto costituzionale della sufficienza retributiva, con l’affidamento ai contratti collettivi del compito di dare concretezza a quello della proporzionalità, sia per quanto concerne la quantità sia per la qualità. Nel nostro Paese si discute di tale istituto in una prospettiva più ampia, in relazione anche alla tutela di forme ibride di lavoro autonomo, come i cosiddetti riders.
2018
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