La politica del diritto non riesce a sciogliere il nodo della rappresentanza e della rappresentatività sindacali e dell’efficacia dei contratti collettivi, talché dubbi e incertezze interpretative persistono su tali fattispecie, non incentivando certamente ordinarie dinamiche delle relazioni industriali nel nostro Paese. E così, la giurisprudenza del Giudice delle leggi e quella di nomofilachia continuano a svolgere una funzione di supplenza, in ordine, tra l’altro, alla vexata-quaestio dei minimi salariali e del richiamo alla formula del sindacato comparativamente più rappresentativo. Di recente, con la sentenza n. 4951 del 2019, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di garanzia dei minimi di retribuzione per i lavoratori dipendenti dalle cooperative. Con tale pronunzia la Suprema Corte ha ribadito un principio già contenuto nella sentenza 51/2015 della Corte Costituzionale. La Cassazione ha confermato che i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative non hanno efficacia erga omnes ma che i minimi salariali in essi previsti costituiscono il riferimento per garantire la retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art 36 Cost.. Conseguentemente, se i contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali non “comparativamente più rappresentative” rispettano o migliorano i richiamati minimi salariali, essi sono legittimi sotto il profilo applicativo, inibendo conseguentemente l’applicazione sic et simpliciter della circolare n. 3 del 2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Cassazione, minimi retributivi dei contratti dei sindacati comparativamente più rappresentativi e libertà di contrattazione collettiva (un commento alla sentenza n. 4951 del 2019 della Corte di Cassazione)
Gandolfo Maurizio Ballistreri
2019-01-01
Abstract
La politica del diritto non riesce a sciogliere il nodo della rappresentanza e della rappresentatività sindacali e dell’efficacia dei contratti collettivi, talché dubbi e incertezze interpretative persistono su tali fattispecie, non incentivando certamente ordinarie dinamiche delle relazioni industriali nel nostro Paese. E così, la giurisprudenza del Giudice delle leggi e quella di nomofilachia continuano a svolgere una funzione di supplenza, in ordine, tra l’altro, alla vexata-quaestio dei minimi salariali e del richiamo alla formula del sindacato comparativamente più rappresentativo. Di recente, con la sentenza n. 4951 del 2019, la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di garanzia dei minimi di retribuzione per i lavoratori dipendenti dalle cooperative. Con tale pronunzia la Suprema Corte ha ribadito un principio già contenuto nella sentenza 51/2015 della Corte Costituzionale. La Cassazione ha confermato che i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative non hanno efficacia erga omnes ma che i minimi salariali in essi previsti costituiscono il riferimento per garantire la retribuzione proporzionata e sufficiente di cui all’art 36 Cost.. Conseguentemente, se i contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali non “comparativamente più rappresentative” rispettano o migliorano i richiamati minimi salariali, essi sono legittimi sotto il profilo applicativo, inibendo conseguentemente l’applicazione sic et simpliciter della circolare n. 3 del 2018 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.File | Dimensione | Formato | |
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