La decostruzione del sistema penale dilata progressivamente la figura del nemico (de-individualizzato e de-umanizzato), escludendo sia le garanzie del diritto penale che quelle del diritto internazionale per creare una sorta di “buco nero” nella legalità, spettro di Banquo della tortura giudiziaria, contro il quale le Corti sovranazionali, con esiti alterni, combattono. Questa premessa può essere utile a chiarire: A) il rapporto tra tortura e diritto penale del nemico. L’invadenza delle recenti scelte di incriminazione in materia di lotta al terrorismo rivela, da un lato, la connessione cruciale tra opzioni di politica criminale e modelli di democrazia e, dall’altro, la crescente atrofizzazione di fondamentali diritti di libertà: del “cittadino” come del “nemico”. Il primo accetta una restrizione delle sue libertà in nome della “sicurezza” ; il secondo viene per contro privato di ogni status: non solo di civis, ma persino di essere umano (si pensi alle involuzioni arrecate - a livello internazionale - da vicende come quelle di Guantanamo e di Abu Ghraib sul piano della tenuta elementare dei diritti umani ). B) La formidabile lentezza del legislatore italiano, turbato da ondate non innocue di populismo penale, nell’introdurre il reato di tortura, nonostante le numerose condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo. C) L’altrettanto formidabile reticenza del Parlamento a configurare la tortura come reato proprio tradendo lo spirito delle Convenzioni internazionali, che la considerano come un delitto che gravita intorno al rapporto tra autorità ed individuo, di cui esprime una delle più odiose forme di perversione. D) L’incongruenza tra l’oggetto delle pronunce CEDU richiamabili in materia e la formulazione del delitto di cui all’art. 613 bis c.p. E) L’oscura formulazione delle fattispecie di nuovo conio, del tutto inidonea a ricomprendere proprio i casi per cui la CEDU ci ha condannati .
L'ambigua consistenza della tortura tra militarizzazione del diritto penale e crimini contro l'umanità
Lucia Risicato
2018-01-01
Abstract
La decostruzione del sistema penale dilata progressivamente la figura del nemico (de-individualizzato e de-umanizzato), escludendo sia le garanzie del diritto penale che quelle del diritto internazionale per creare una sorta di “buco nero” nella legalità, spettro di Banquo della tortura giudiziaria, contro il quale le Corti sovranazionali, con esiti alterni, combattono. Questa premessa può essere utile a chiarire: A) il rapporto tra tortura e diritto penale del nemico. L’invadenza delle recenti scelte di incriminazione in materia di lotta al terrorismo rivela, da un lato, la connessione cruciale tra opzioni di politica criminale e modelli di democrazia e, dall’altro, la crescente atrofizzazione di fondamentali diritti di libertà: del “cittadino” come del “nemico”. Il primo accetta una restrizione delle sue libertà in nome della “sicurezza” ; il secondo viene per contro privato di ogni status: non solo di civis, ma persino di essere umano (si pensi alle involuzioni arrecate - a livello internazionale - da vicende come quelle di Guantanamo e di Abu Ghraib sul piano della tenuta elementare dei diritti umani ). B) La formidabile lentezza del legislatore italiano, turbato da ondate non innocue di populismo penale, nell’introdurre il reato di tortura, nonostante le numerose condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo. C) L’altrettanto formidabile reticenza del Parlamento a configurare la tortura come reato proprio tradendo lo spirito delle Convenzioni internazionali, che la considerano come un delitto che gravita intorno al rapporto tra autorità ed individuo, di cui esprime una delle più odiose forme di perversione. D) L’incongruenza tra l’oggetto delle pronunce CEDU richiamabili in materia e la formulazione del delitto di cui all’art. 613 bis c.p. E) L’oscura formulazione delle fattispecie di nuovo conio, del tutto inidonea a ricomprendere proprio i casi per cui la CEDU ci ha condannati .File | Dimensione | Formato | |
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