Il contributo ricostruisce occasioni e fisonomia della traduzione del Veianius - il poemetto di Giovanni Pascoli vincitore nel 1891 della medaglia d’oro al certamen hoeufftianum -, che Manara Valgimigli commissionò a Quasimodo in vista del nuovo progetto di edizione dei Carmina del poeta romagnolo, avviato nel 1940 per la collana “I classici contemporanei italiani” di Mondadori. Alla luce di materiale epistolare in gran parte inedito, conservato nell’Archivio di Castelvecchio Pascoli, viene ripercorsa la genesi dell’operazione editoriale e i criteri che ispirarono i curatori, nel quadro del dibattito novecentesco sui modi del tradurre e in generale sulla traducibilità della poesia. Gli interessi del filologo Valgimigli, lontani da una resa rispondente al calco tecnico del metro, incrociano la poetica quasimodiana dell’ ‘equilirismo’ e una comune tensione verso la purezza e l’essenzialità della parola, che nel caso specifico si realizza con una radicale opzione versoria per una prosa misurata e “modesta”. L’analisi della traduzione quasimodiana, che si avvale di una diretta consultazione delle carte del Centro manoscritti di Pavia, documenta uno stadio che non coincide con la redazione edita nella stampa mondadoriana del 1951, nella quale si riconosce il frutto degli interventi dello stesso Valgimigli. La scelta di una resa che si ponga a servizio della comprensione di un latino spesso ‘oscuro’, supportata, come si dimostra nel contributo, dalla precedente traduzione di Aldo e Alberto Gabrielli (in Poemetti latini di soggetto vergiliano e oraziano, tradotti e annotati da A. Gandiglio, Bologna, Zanichelli, 1931), sembra costringere Quasimodo in un perimetro didascalico che non dà adeguata evidenza alle più interne ragioni della poesia pascoliana, al suo immaginario, alla sua qualità musicale
L’IMPRESA DEL PASCOLI LATINO: VALGIMIGLI, QUASIMODO E LA QUESTIONE DEI MODI DEL TRADURRE
caterina malta
2019-01-01
Abstract
Il contributo ricostruisce occasioni e fisonomia della traduzione del Veianius - il poemetto di Giovanni Pascoli vincitore nel 1891 della medaglia d’oro al certamen hoeufftianum -, che Manara Valgimigli commissionò a Quasimodo in vista del nuovo progetto di edizione dei Carmina del poeta romagnolo, avviato nel 1940 per la collana “I classici contemporanei italiani” di Mondadori. Alla luce di materiale epistolare in gran parte inedito, conservato nell’Archivio di Castelvecchio Pascoli, viene ripercorsa la genesi dell’operazione editoriale e i criteri che ispirarono i curatori, nel quadro del dibattito novecentesco sui modi del tradurre e in generale sulla traducibilità della poesia. Gli interessi del filologo Valgimigli, lontani da una resa rispondente al calco tecnico del metro, incrociano la poetica quasimodiana dell’ ‘equilirismo’ e una comune tensione verso la purezza e l’essenzialità della parola, che nel caso specifico si realizza con una radicale opzione versoria per una prosa misurata e “modesta”. L’analisi della traduzione quasimodiana, che si avvale di una diretta consultazione delle carte del Centro manoscritti di Pavia, documenta uno stadio che non coincide con la redazione edita nella stampa mondadoriana del 1951, nella quale si riconosce il frutto degli interventi dello stesso Valgimigli. La scelta di una resa che si ponga a servizio della comprensione di un latino spesso ‘oscuro’, supportata, come si dimostra nel contributo, dalla precedente traduzione di Aldo e Alberto Gabrielli (in Poemetti latini di soggetto vergiliano e oraziano, tradotti e annotati da A. Gandiglio, Bologna, Zanichelli, 1931), sembra costringere Quasimodo in un perimetro didascalico che non dà adeguata evidenza alle più interne ragioni della poesia pascoliana, al suo immaginario, alla sua qualità musicaleFile | Dimensione | Formato | |
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