La direttiva «viaggi» 2015/2302 UE ripropone la questione mai sopita dei rapporti tra diritto interno e diritto dell’Unione Europea. La sua natura di direttiva di armonizzazione piena vieta, infatti, di mantenere o introdurre nel diritto nazionale disposizioni da essa divergenti. La questione peculiare che si pone in tal caso concerne la possibilità di far convivere con la nuova normativa i rimedi di diritto comune precedentemente coniati dalla giurisprudenza. Il Supremo Collegio, durante la vigenza della passata disciplina, facendo leva sulla categoria della causa negoziale in concreto aveva ammesso la risoluzione del contratto di viaggio per sopravvenuta irrealizzabilità della finalità turistica. Trattandosi di una direttiva di armonizzazione massima, la conservazione degli strumenti di diritto comune enucleati dal diritto pretorio interno produrrebbe un risultato contra ordinem. Una possibile via d’uscita per sanare l’antinomia tra la vecchia e la nuova regolamentazione in materia di tutela del viaggiatore potrebbe rinvenirsi nella c.d. «ermeneutica dialogica» quale canone che consente un circolo interpretativo virtuoso che mette in comunicazione bidirezionale il sistema interno e quello europeo in una sorta di osmosi giuridico-assiologica. In tale direzione anche il «principio personalista» fornisce utili argomenti per la razionalizzazione degli interessi che si pongono in potenziale conflitto specie in quelle ipotesi, tutt’altro che marginali, in cui le domande di risoluzione per impossibilità sopravvenuta soggettiva del turista/viaggiatore veicolano altrettante istanze di tutela di interessi afferenti alla sfera esistenziale della persona.

Il recesso del viaggiatore prima e dopo la direttiva 2015/2302 UE tra armonizzazione massima e applicabilità degli strumenti interni di diritto comune

Carabetta, Stefano
2020-01-01

Abstract

La direttiva «viaggi» 2015/2302 UE ripropone la questione mai sopita dei rapporti tra diritto interno e diritto dell’Unione Europea. La sua natura di direttiva di armonizzazione piena vieta, infatti, di mantenere o introdurre nel diritto nazionale disposizioni da essa divergenti. La questione peculiare che si pone in tal caso concerne la possibilità di far convivere con la nuova normativa i rimedi di diritto comune precedentemente coniati dalla giurisprudenza. Il Supremo Collegio, durante la vigenza della passata disciplina, facendo leva sulla categoria della causa negoziale in concreto aveva ammesso la risoluzione del contratto di viaggio per sopravvenuta irrealizzabilità della finalità turistica. Trattandosi di una direttiva di armonizzazione massima, la conservazione degli strumenti di diritto comune enucleati dal diritto pretorio interno produrrebbe un risultato contra ordinem. Una possibile via d’uscita per sanare l’antinomia tra la vecchia e la nuova regolamentazione in materia di tutela del viaggiatore potrebbe rinvenirsi nella c.d. «ermeneutica dialogica» quale canone che consente un circolo interpretativo virtuoso che mette in comunicazione bidirezionale il sistema interno e quello europeo in una sorta di osmosi giuridico-assiologica. In tale direzione anche il «principio personalista» fornisce utili argomenti per la razionalizzazione degli interessi che si pongono in potenziale conflitto specie in quelle ipotesi, tutt’altro che marginali, in cui le domande di risoluzione per impossibilità sopravvenuta soggettiva del turista/viaggiatore veicolano altrettante istanze di tutela di interessi afferenti alla sfera esistenziale della persona.
2020
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