L’avvento della tecnologia informatica, ormai è chiaro, sta modificando profondamente e irreversibilmente l’interfaccia uomo-mondo. L’entusiasmo per ciò che il progresso tecnologico ci fa guadagnare non ci esime in nessun caso dal vigilare su ciò che rischiamo di perdere. E tuttavia, vigilare non significa resistere alla mutazione, ma praticarla con sapienza. Non è sapienza arroccarsi su confini immaginari, né tantomeno abbandonarsi inconsapevoli alla corrente, quanto piuttosto applicarsi nel governarla, prendendosi cura di noi stessi, Così, da una parte, occorre affrontare le sfide che la quotidianità ci sottopone: innanzitutto, la cultura scritta sta cambiando forma e noi nativi Gutenberg dobbiamo assumerci la responsabilità di traghettare in digitale la memoria analogica della cultura dell’Homo sapiens. Dall’altra parte, occorre una profonda riflessione affinché l’avvento dell’homo technologicus non si trasformi nell’ultima propaggine di un riduzionismo estremo, ma rappresenti, viceversa, l’opportunità per il recupero di una prospettiva complessa a un superiore grado di consapevolezza. La tracotanza della scienza occidentale, infatti, per esorcizzare la finitezza epistemica dell’uomo, l’ha scomposto in moduli elementari pienamente penetrabili da spiegazioni meccanicistiche, alterandolo fino a farlo scomparire nella sua articolata identità soggettiva. Per questo è necessario invocare uno sguardo filosofico complesso, affinché l’uomo torni ad abitare se stesso.Se l’uomo non può rinnegare le proprie produzioni, fino all’estroflessione tecnologica di alcune attitudini cerebrali, egli non può neanche rinnegare la propria unità soggettivante, l’identità organica che ne caratterizza l’intenzione vitale. Deve, pertanto, riorganizzarsi costantemente, autopoieticamente, coordinando le sue molteplici istanze all’interno dei circuiti della vita, che non possono essere spezzati da atteggiamenti riduzionisti come quelli che pretendono di costringerla tutta entro parametri meccanicistici. Egli non ha scelta: è un essere storico da sempre gettato nella corrente evolutiva, che ha segnato la differenza nel racconto della vita manifestando un’inconsueta capacità di accelerazione del mutamento, dettata dalle sue straordinarie potenzialità di trasformazione. La consapevolezza dell’ontologica aleatorietà della natura umana va costantemente alimentata da quello sguardo filosofico che, come una bussola, può soccorrerci nei momenti di maggiore disorientamento, quale coscienza riflessiva che riconduce a unità procedimenti cognitivi già avviati, qualificando l’uomo come l’unico essere consapevole della propria identità.

Pensare/Internet. Il Coraggio Della Filosofia

Maria Giacobello
2016-01-01

Abstract

L’avvento della tecnologia informatica, ormai è chiaro, sta modificando profondamente e irreversibilmente l’interfaccia uomo-mondo. L’entusiasmo per ciò che il progresso tecnologico ci fa guadagnare non ci esime in nessun caso dal vigilare su ciò che rischiamo di perdere. E tuttavia, vigilare non significa resistere alla mutazione, ma praticarla con sapienza. Non è sapienza arroccarsi su confini immaginari, né tantomeno abbandonarsi inconsapevoli alla corrente, quanto piuttosto applicarsi nel governarla, prendendosi cura di noi stessi, Così, da una parte, occorre affrontare le sfide che la quotidianità ci sottopone: innanzitutto, la cultura scritta sta cambiando forma e noi nativi Gutenberg dobbiamo assumerci la responsabilità di traghettare in digitale la memoria analogica della cultura dell’Homo sapiens. Dall’altra parte, occorre una profonda riflessione affinché l’avvento dell’homo technologicus non si trasformi nell’ultima propaggine di un riduzionismo estremo, ma rappresenti, viceversa, l’opportunità per il recupero di una prospettiva complessa a un superiore grado di consapevolezza. La tracotanza della scienza occidentale, infatti, per esorcizzare la finitezza epistemica dell’uomo, l’ha scomposto in moduli elementari pienamente penetrabili da spiegazioni meccanicistiche, alterandolo fino a farlo scomparire nella sua articolata identità soggettiva. Per questo è necessario invocare uno sguardo filosofico complesso, affinché l’uomo torni ad abitare se stesso.Se l’uomo non può rinnegare le proprie produzioni, fino all’estroflessione tecnologica di alcune attitudini cerebrali, egli non può neanche rinnegare la propria unità soggettivante, l’identità organica che ne caratterizza l’intenzione vitale. Deve, pertanto, riorganizzarsi costantemente, autopoieticamente, coordinando le sue molteplici istanze all’interno dei circuiti della vita, che non possono essere spezzati da atteggiamenti riduzionisti come quelli che pretendono di costringerla tutta entro parametri meccanicistici. Egli non ha scelta: è un essere storico da sempre gettato nella corrente evolutiva, che ha segnato la differenza nel racconto della vita manifestando un’inconsueta capacità di accelerazione del mutamento, dettata dalle sue straordinarie potenzialità di trasformazione. La consapevolezza dell’ontologica aleatorietà della natura umana va costantemente alimentata da quello sguardo filosofico che, come una bussola, può soccorrerci nei momenti di maggiore disorientamento, quale coscienza riflessiva che riconduce a unità procedimenti cognitivi già avviati, qualificando l’uomo come l’unico essere consapevole della propria identità.
2016
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