Nel corso dell'ultimo secolo, l’instaurazione di modelli di organizzazione politica improntati ai valori propri del costituzionalismo moderno ha profondamente mutato le forme di Stato e di Governo, implementando un idealtipo di Stato sociale proiettato verso la conquista di nuovi diritti e libertà, insieme ad una (auspicabilmente, sempre maggiore) graduale maturazione di consapevolezza e coscienza civica tra i membri della comunità. In campo scientifico e tecnologico, poi, l’incessante acquisizione di nuove conoscenze ha consentito di ricercare e conseguire più intensi e prosperi livelli di benessere. La qualità della vita è innegabilmente migliorata in seno ad uno Stato sociale impegnato a garantire effettività al pieno ed integrale soddisfacimento di interessi umani rilevantissimi, la cui tutela, di necessità, postula l’intermediazione del pubblico potere. Ciò, in particolare, tra i vari “diritti a prestazione”, per quel che riguarda il diritto alla salute; in ambito sanitario, è stato possibile assistere a rapide evoluzioni mediante l’affermazione, innanzitutto, di un modello di sanità pubblica capace di erogare servizi sufficienti a permettere, pur permanendo ovvie criticità, il progressivo incremento della percentuale di popolazione nei cui confronti è stato assicurato l’accesso alle cure richieste. Un sistema, nel complesso, certamente perfettibile, ma che, al di là delle ordinarie difficoltà legate a scarsità di risorse ed a politiche non sempre lungimiranti, ha dimostrato, specie all’interno di alcuni ambiti territoriali, di garantire prestazioni di qualità. Tuttavia, l’archetipo di sanità pubblica così nel tempo costruito è rapidamente entrato in crisi a fronte di una (tanto improvvisa quanto) repentina diffusione di un virus che sta mettendo a repentaglio l’incolumità di ampie fasce della popolazione nazionale. In uno con il rischio di collasso del sistema sanitario, peraltro, sono state poste in discussione le fondamenta di uno Stato di diritto chiamato a dover fronteggiare, con tempestività ed efficacia, la crisi inveratasi. Ciò ha comportato, inter alia, la necessita di apprezzare metodi e strumenti di gestione dell’emergenza sanitaria che, in ossequio al principio di leale collaborazione, fossero in grado di coordinare e raccordare le diverse competenze e funzioni ascrivibili ai molteplici enti pubblici territoriali nell’ambito della “Repubblica delle autonomie” e, al contempo, non disattendere le plurime istanze di tutela frattanto maturate, talvolta espressione anche di critica e dissenso.

Emergenza sanitaria, leale collaborazione e (limiti alla) libertà di manifestazione del pensiero

buscema
2020-01-01

Abstract

Nel corso dell'ultimo secolo, l’instaurazione di modelli di organizzazione politica improntati ai valori propri del costituzionalismo moderno ha profondamente mutato le forme di Stato e di Governo, implementando un idealtipo di Stato sociale proiettato verso la conquista di nuovi diritti e libertà, insieme ad una (auspicabilmente, sempre maggiore) graduale maturazione di consapevolezza e coscienza civica tra i membri della comunità. In campo scientifico e tecnologico, poi, l’incessante acquisizione di nuove conoscenze ha consentito di ricercare e conseguire più intensi e prosperi livelli di benessere. La qualità della vita è innegabilmente migliorata in seno ad uno Stato sociale impegnato a garantire effettività al pieno ed integrale soddisfacimento di interessi umani rilevantissimi, la cui tutela, di necessità, postula l’intermediazione del pubblico potere. Ciò, in particolare, tra i vari “diritti a prestazione”, per quel che riguarda il diritto alla salute; in ambito sanitario, è stato possibile assistere a rapide evoluzioni mediante l’affermazione, innanzitutto, di un modello di sanità pubblica capace di erogare servizi sufficienti a permettere, pur permanendo ovvie criticità, il progressivo incremento della percentuale di popolazione nei cui confronti è stato assicurato l’accesso alle cure richieste. Un sistema, nel complesso, certamente perfettibile, ma che, al di là delle ordinarie difficoltà legate a scarsità di risorse ed a politiche non sempre lungimiranti, ha dimostrato, specie all’interno di alcuni ambiti territoriali, di garantire prestazioni di qualità. Tuttavia, l’archetipo di sanità pubblica così nel tempo costruito è rapidamente entrato in crisi a fronte di una (tanto improvvisa quanto) repentina diffusione di un virus che sta mettendo a repentaglio l’incolumità di ampie fasce della popolazione nazionale. In uno con il rischio di collasso del sistema sanitario, peraltro, sono state poste in discussione le fondamenta di uno Stato di diritto chiamato a dover fronteggiare, con tempestività ed efficacia, la crisi inveratasi. Ciò ha comportato, inter alia, la necessita di apprezzare metodi e strumenti di gestione dell’emergenza sanitaria che, in ossequio al principio di leale collaborazione, fossero in grado di coordinare e raccordare le diverse competenze e funzioni ascrivibili ai molteplici enti pubblici territoriali nell’ambito della “Repubblica delle autonomie” e, al contempo, non disattendere le plurime istanze di tutela frattanto maturate, talvolta espressione anche di critica e dissenso.
2020
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