Il contributo esamina le novità apportate dal d.l. 3-5-2016, n. 59 all’opposizione all’espropriazione forzata, in virtù delle quali quest’ultima non è più “ammissibile” una volta che il g.e. si sia pronunciato su vendita/assegnazione, salvo sopravvenienze o decadenze non imputabili, con che si introduce una “preclusione” temporale all’utilizzo dello strumento e si limitano le possibilità difensive (“in rito”) dell’esecutato. In particolare, dopo una premessa generale sulla valenza di un “termine finale” per l’opposizione, si evidenzia come la modifica determini una nuova regolazione dei rapporti con il parallelo art. 512 c.p.c., su cui ci si intrattiene. Infine, l’inserimento di un termine di “preclusione” alla reazione processuale stimola alcune riflessioni, di portata generale, in tema di efficacia e stabilità della tutela esecutiva.
Un termine finale per l’opposizione all’esecuzione…o forse no? Sottofondo di una polemica sulla stabilità (e sull’efficacia processuale e sostanziale) dell’esecuzione forzata
MICALI D
2016-01-01
Abstract
Il contributo esamina le novità apportate dal d.l. 3-5-2016, n. 59 all’opposizione all’espropriazione forzata, in virtù delle quali quest’ultima non è più “ammissibile” una volta che il g.e. si sia pronunciato su vendita/assegnazione, salvo sopravvenienze o decadenze non imputabili, con che si introduce una “preclusione” temporale all’utilizzo dello strumento e si limitano le possibilità difensive (“in rito”) dell’esecutato. In particolare, dopo una premessa generale sulla valenza di un “termine finale” per l’opposizione, si evidenzia come la modifica determini una nuova regolazione dei rapporti con il parallelo art. 512 c.p.c., su cui ci si intrattiene. Infine, l’inserimento di un termine di “preclusione” alla reazione processuale stimola alcune riflessioni, di portata generale, in tema di efficacia e stabilità della tutela esecutiva.Pubblicazioni consigliate
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