Questo articolo analizza l'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea sul diritto di indossare il velo islamico nel luogo di lavoro. Nei precedenti della CGUE è stato ribadito che le regole del datore di lavoro non costituiscono una discriminazione diretta; tuttavia, è stato chiarito che una politica di neutralità può giustificare oggettivamente una differenza di trattamento indiretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali solo se risponde a una "reale esigenza" dell'impresa. Questo test, nella maggior parte dei casi, non è molto diverso da quello riguardante la presenza di "esigenze professionali reali". La necessità di ricercare forme adeguate di composizione tra la libertà del lavoratore e la libertà dell'impresa può rendere la protezione antidiscriminatoria legata al fattore di rischio costituito da "religione o convinzioni personali" più debole di quella prevista per gli altri motivi coperti dal diritto antidiscriminatorio dell'Unione europea; ma questo è una conseguenza del fatto che il suddetto motivo di discriminazione è stato assunto dalla Corte in stretta connessione con la libertà protetta dall'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Ancora in tema di porto del velo islamico e discriminazione della lavoratrice nelle aziende private

Licastro Angelo
2022-01-01

Abstract

Questo articolo analizza l'evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea sul diritto di indossare il velo islamico nel luogo di lavoro. Nei precedenti della CGUE è stato ribadito che le regole del datore di lavoro non costituiscono una discriminazione diretta; tuttavia, è stato chiarito che una politica di neutralità può giustificare oggettivamente una differenza di trattamento indiretta basata sulla religione o sulle convinzioni personali solo se risponde a una "reale esigenza" dell'impresa. Questo test, nella maggior parte dei casi, non è molto diverso da quello riguardante la presenza di "esigenze professionali reali". La necessità di ricercare forme adeguate di composizione tra la libertà del lavoratore e la libertà dell'impresa può rendere la protezione antidiscriminatoria legata al fattore di rischio costituito da "religione o convinzioni personali" più debole di quella prevista per gli altri motivi coperti dal diritto antidiscriminatorio dell'Unione europea; ma questo è una conseguenza del fatto che il suddetto motivo di discriminazione è stato assunto dalla Corte in stretta connessione con la libertà protetta dall'articolo 10 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11570/3246933
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