Tra le molte questioni sollevate dalla tradizionale categoria dell’atto c.d. politico, un posto di primo rilievo è stato (ed è ancora) senz’altro occupato da quella relativa alla sua sindacabilità in sede giurisdizionale. Sulla delicata tematica si è intrattenuta la giurisprudenza costituzionale in materia di Stato-autonomie territoriali (con part. riferimento a Comuni e Regioni) la quale sembra connotarsi per un duplice rilievo. Innanzitutto, per così dire, ex se e pro passato, giacché essa ha comunque rappresentato il filone che, non per caso, si è storicamente dovuto cimentare per primo con tale genus (seppure dal peculiare angolo visuale ricordato). In secondo luogo, extra se-pro futuro, in considerazione del peculiare “seguito” di cui tale giurisprudenza ha comunque beneficiato nella più recente giurisprudenza amministrativa e di legittimità. L’indagine svolta su entrambi i richiamati piani ha così mostrato una sorta di duplice nucleo concentrico nell’adozione del provvedimento di natura politica: l’uno, più ristretto, di tipo politico e, per così dire, endogeno (attinente all’opportunità politica dell’adozione dell’atto); l’altro, più ampio, di carattere giuridico e, per dir così, esogeno (relativo alle conseguenze giuridiche dell’adozione del medesimo). A fronte di disposizioni che ancora sottraggono al controllo giurisdizionale la categoria dei c.d. atti politici, di non poco rilievo appare in conclusione lo sforzo nel corso degli anni infaticabilmente prodotto da parte della giurisprudenza costituzionale (e del suo seguito) di offrire una necessaria rilettura del loro originario significato alla luce del sopravvenuto panorama costituzionale: ciò, evidentemente, a conferma di quell’ineliminabile tratto di fondamento del (che poi inevitabilmente si converte in limite al) potere giocato dalla Costituzione.
Le ragioni della politica ed i limiti imposti dalla Costituzione: a proposito dell’atto politico nella giurisprudenza costituzionale in tema di rapporti Stato-autonomie territoriali (e nel suo seguito giurisprudenziale)
Stefano Agosta
2024-01-01
Abstract
Tra le molte questioni sollevate dalla tradizionale categoria dell’atto c.d. politico, un posto di primo rilievo è stato (ed è ancora) senz’altro occupato da quella relativa alla sua sindacabilità in sede giurisdizionale. Sulla delicata tematica si è intrattenuta la giurisprudenza costituzionale in materia di Stato-autonomie territoriali (con part. riferimento a Comuni e Regioni) la quale sembra connotarsi per un duplice rilievo. Innanzitutto, per così dire, ex se e pro passato, giacché essa ha comunque rappresentato il filone che, non per caso, si è storicamente dovuto cimentare per primo con tale genus (seppure dal peculiare angolo visuale ricordato). In secondo luogo, extra se-pro futuro, in considerazione del peculiare “seguito” di cui tale giurisprudenza ha comunque beneficiato nella più recente giurisprudenza amministrativa e di legittimità. L’indagine svolta su entrambi i richiamati piani ha così mostrato una sorta di duplice nucleo concentrico nell’adozione del provvedimento di natura politica: l’uno, più ristretto, di tipo politico e, per così dire, endogeno (attinente all’opportunità politica dell’adozione dell’atto); l’altro, più ampio, di carattere giuridico e, per dir così, esogeno (relativo alle conseguenze giuridiche dell’adozione del medesimo). A fronte di disposizioni che ancora sottraggono al controllo giurisdizionale la categoria dei c.d. atti politici, di non poco rilievo appare in conclusione lo sforzo nel corso degli anni infaticabilmente prodotto da parte della giurisprudenza costituzionale (e del suo seguito) di offrire una necessaria rilettura del loro originario significato alla luce del sopravvenuto panorama costituzionale: ciò, evidentemente, a conferma di quell’ineliminabile tratto di fondamento del (che poi inevitabilmente si converte in limite al) potere giocato dalla Costituzione.Pubblicazioni consigliate
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