La questione dell’accesso ai propri diritti da parte dei cittadini europei, e in particolare a quelli relativi al cosiddetto “welfare”, al fine di garantire il pieno godimento della cittadinanza comunitaria, anche sociale, è stata oggetto, negli ultimi vent’anni, , di numerose pronunce dei giudici dell'Unione, nonché di altrettante riflessioni dottrinali, riguardanti, più specificamente, l'accesso a tali diritti da parte di tutti i cittadini europei, attivi e inattivi, indipendentemente dalla loro nazionalità. Tuttavia, l’applicazione del principio della parità di trattamento tra cittadini europei di nazionalità diverse diventa piuttosto complicata di fronte all’accesso alle prestazioni sociali da parte dei cittadini europei inattivi residenti negli Stati membri ospitanti. Il presente contributo intende affrontare queste ultime questioni, alla luce della pronuncia della Grande Camera della Corte di Giustizia nel caso Familienkasse. Tale pronuncia presenta, infatti, elementi di assoluta coerenza con la nota sentenza nel caso Commissione c. UK del 2016, completando così il quadro interpretativo in materia di accesso alle prestazioni previdenziali, ai sensi del Regolamento 883/2004, anche sulla base della sua non rapporto semplice con la direttiva 2004/38. Al tempo stesso, però, l’interpretazione restrittiva della eccezione al divieto di discriminazione basata sulla nazionalità, di cui all’articolo 24, comma 2, della direttiva 2004/38, può costituire un aspetto di un certo interesse per il futuro sviluppo della quell'area del diritto.

L’accesso dei cittadini europei inattivi alle prestazioni sociali tra illusione e realtà dopo la sentenza Familienkasse Niedersachsen-Bremen

Messina M.
2024-01-01

Abstract

La questione dell’accesso ai propri diritti da parte dei cittadini europei, e in particolare a quelli relativi al cosiddetto “welfare”, al fine di garantire il pieno godimento della cittadinanza comunitaria, anche sociale, è stata oggetto, negli ultimi vent’anni, , di numerose pronunce dei giudici dell'Unione, nonché di altrettante riflessioni dottrinali, riguardanti, più specificamente, l'accesso a tali diritti da parte di tutti i cittadini europei, attivi e inattivi, indipendentemente dalla loro nazionalità. Tuttavia, l’applicazione del principio della parità di trattamento tra cittadini europei di nazionalità diverse diventa piuttosto complicata di fronte all’accesso alle prestazioni sociali da parte dei cittadini europei inattivi residenti negli Stati membri ospitanti. Il presente contributo intende affrontare queste ultime questioni, alla luce della pronuncia della Grande Camera della Corte di Giustizia nel caso Familienkasse. Tale pronuncia presenta, infatti, elementi di assoluta coerenza con la nota sentenza nel caso Commissione c. UK del 2016, completando così il quadro interpretativo in materia di accesso alle prestazioni previdenziali, ai sensi del Regolamento 883/2004, anche sulla base della sua non rapporto semplice con la direttiva 2004/38. Al tempo stesso, però, l’interpretazione restrittiva della eccezione al divieto di discriminazione basata sulla nazionalità, di cui all’articolo 24, comma 2, della direttiva 2004/38, può costituire un aspetto di un certo interesse per il futuro sviluppo della quell'area del diritto.
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