This contribution, divided into three paragraphs, intends to advance a critical reflec- tion on the so-called ghost towns, neglected urban spaces following the impact of a crisis, a war, a calamity or a devastation. Often squeezed between the recovery plans and the rhetoric of the relaunch, they constitute signs engraved in the landscape in which, on closer inspection, the transformative dynamics, absent man, immediately began their own land- scape transfiguration. The contribution does not make proposals but raises questions. To do this, a first part (par. 1, 2, 3) in which the phenomenon of ghost towns is framed in the various geographical perspectives is followed by a second section (par. 4, 5), deliberately more narrative, which reduces the observation scale and critically questions the ruins of Poggioreale, in the Belìce Valley. Many decades after the earthquake that triggered the daily reconstruction process, with a community of reference increasingly restricted due to time and depopulation, we linger on the texture between landscape, memory and identity, and on its glimpses that, perhaps, should be let it transpire and transfigure. Brief conclusions conclude the paper (par. 6). Il presente contributo intende avanzare una riflessione critica sulle cosiddette ghost town, spazi urbani negletti in seguito all’impatto di una crisi, di una guerra, di una calamità o di una devastazione. Stretti sovente fra le progettualità di recupero e le retoriche del rilancio, essi costituiscono segni incisi nel paesaggio in cui, a ben guardare, le dinamiche trasformative, assente l’uomo, hanno principiato da subito la propria trasfigurazione paesaggistica. Il contributo non avanza proposte ma pone questioni. Per farlo, a una prima parte (paragrafi 1, 2, 3) in cui si inquadra il fenomeno delle città fantasma nelle diversificate prospettive geografiche segue una seconda sezione (paragrafi 4 e 5), volutamente più narrativa, che riduce la scala di osservazione e interroga criticamente i ruderi di Poggioreale, nella Valle del Belìce. A molti decenni dal sisma che ha innescato il diuturno processo di ricostruzione, con una comunità di riferimento sempre più ristretta per il tempo trascorso e per lo spopolamento, si indugia sulla tessitura fra paesaggio, memoria e identità, e sui suoi squarci che, forse, bisognerebbe solo lasciar traspirare e trasfigurare. Brevi conclusioni concludono il lavoro (paragrafo 6).
Città fantasma? Lo scarto paesaggistico di Poggioreale
Giovanni messina;enrico nicosia
2024-01-01
Abstract
This contribution, divided into three paragraphs, intends to advance a critical reflec- tion on the so-called ghost towns, neglected urban spaces following the impact of a crisis, a war, a calamity or a devastation. Often squeezed between the recovery plans and the rhetoric of the relaunch, they constitute signs engraved in the landscape in which, on closer inspection, the transformative dynamics, absent man, immediately began their own land- scape transfiguration. The contribution does not make proposals but raises questions. To do this, a first part (par. 1, 2, 3) in which the phenomenon of ghost towns is framed in the various geographical perspectives is followed by a second section (par. 4, 5), deliberately more narrative, which reduces the observation scale and critically questions the ruins of Poggioreale, in the Belìce Valley. Many decades after the earthquake that triggered the daily reconstruction process, with a community of reference increasingly restricted due to time and depopulation, we linger on the texture between landscape, memory and identity, and on its glimpses that, perhaps, should be let it transpire and transfigure. Brief conclusions conclude the paper (par. 6). Il presente contributo intende avanzare una riflessione critica sulle cosiddette ghost town, spazi urbani negletti in seguito all’impatto di una crisi, di una guerra, di una calamità o di una devastazione. Stretti sovente fra le progettualità di recupero e le retoriche del rilancio, essi costituiscono segni incisi nel paesaggio in cui, a ben guardare, le dinamiche trasformative, assente l’uomo, hanno principiato da subito la propria trasfigurazione paesaggistica. Il contributo non avanza proposte ma pone questioni. Per farlo, a una prima parte (paragrafi 1, 2, 3) in cui si inquadra il fenomeno delle città fantasma nelle diversificate prospettive geografiche segue una seconda sezione (paragrafi 4 e 5), volutamente più narrativa, che riduce la scala di osservazione e interroga criticamente i ruderi di Poggioreale, nella Valle del Belìce. A molti decenni dal sisma che ha innescato il diuturno processo di ricostruzione, con una comunità di riferimento sempre più ristretta per il tempo trascorso e per lo spopolamento, si indugia sulla tessitura fra paesaggio, memoria e identità, e sui suoi squarci che, forse, bisognerebbe solo lasciar traspirare e trasfigurare. Brevi conclusioni concludono il lavoro (paragrafo 6).File | Dimensione | Formato | |
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