Il saggio si propone di analizzare la genesi ideologica, l’applicazione e le conseguenze dell’approvazione della cosiddetta «legge sui fuorusciti» e della denazionalizzazione di 17 esuli antifascisti nel 1926. Mesi dopo il delitto Matteotti, la denazionalizzazione fu soprattutto uno strumento per colpire i protagonisti dell’efficace campagna democratica contro il regime e per dissuadere altri italiani dall’appoggiare le correnti antifasciste in esilio. Ma la legge 31 gennaio 1926 n. 108, detta, appunto, «legge sui fuorusciti», fu l’espressione coerente dell’orientamento culturale e ideologico del regime, teso a subordinare la cittadinanza italiana all’adesione al fascismo e a considerare come stranieri («senza patria») gli oppositori. La peculiare dottrina fascista della cittadinanza si pose in evidente contrasto con il tentativo degli organismi internazionali di eliminare l’apolidia e di stabilire una disciplina comune sui rapporti tra cittadino e Stato. Il provvedimento causò un’aspra controversia nella Società delle nazioni, anche a causa delle proteste degli antifascisti italiani e dell’appoggio di correnti radico-socialiste francesi. Il dibattito fu il riflesso dell’inconciliabile differenza fra la visione della cittadinanza fascista e quella democratica e divenne un terreno su cui misurare il desiderio di Mussolini di affermare in sede internazionale i diritti della sua rivoluzione.

Gli italiani “senza patria”. La denazionalizzazione degli esuli antifascisti: ideologia del fascismo e politica internazionale (1925-1932)

Enrico Serventi Longhi
2012-01-01

Abstract

Il saggio si propone di analizzare la genesi ideologica, l’applicazione e le conseguenze dell’approvazione della cosiddetta «legge sui fuorusciti» e della denazionalizzazione di 17 esuli antifascisti nel 1926. Mesi dopo il delitto Matteotti, la denazionalizzazione fu soprattutto uno strumento per colpire i protagonisti dell’efficace campagna democratica contro il regime e per dissuadere altri italiani dall’appoggiare le correnti antifasciste in esilio. Ma la legge 31 gennaio 1926 n. 108, detta, appunto, «legge sui fuorusciti», fu l’espressione coerente dell’orientamento culturale e ideologico del regime, teso a subordinare la cittadinanza italiana all’adesione al fascismo e a considerare come stranieri («senza patria») gli oppositori. La peculiare dottrina fascista della cittadinanza si pose in evidente contrasto con il tentativo degli organismi internazionali di eliminare l’apolidia e di stabilire una disciplina comune sui rapporti tra cittadino e Stato. Il provvedimento causò un’aspra controversia nella Società delle nazioni, anche a causa delle proteste degli antifascisti italiani e dell’appoggio di correnti radico-socialiste francesi. Il dibattito fu il riflesso dell’inconciliabile differenza fra la visione della cittadinanza fascista e quella democratica e divenne un terreno su cui misurare il desiderio di Mussolini di affermare in sede internazionale i diritti della sua rivoluzione.
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