Il contributo intende cogliere la multiforme articolazione, le ambivalenze, le trasformazioni e le contraddizioni che il mito di Roma assunse all’interno della visione estetica e politica di Gabriele D’Annunzio. Per il Vate, “Roma” fu allo stesso tempo uno stato d’animo, un’intuizione artistica e un documento di storia e di costume, capace più di altri di esemplificare la sua capacità di attingere a vasti repertori mitico-simbolici e di tradurli in forme letterarie e politiche caratteristiche della modernità. A partire dal periodo vissuto nella Capitale (1881-1889), caratterizzato da un notevole impegno giornalistico, il rapporto di D’Annunzio con il mito della Città Eterna assunse un crescente risvolto ideologico, connesso alla critica radicale del sistema liberale e a una originale prospettiva di palingenesi della società italiana. Questo mito trovò nel contesto eccezionale del laboratorio di Fiume una traduzione operativa in termini di cultura militare, di gestione del potere esecutivo e di invenzione di un vero e proprio progetto costituzionale, la “Carta del Carnaro”. Lo studio intende, infine, individuare il peso del mito di Roma presso D’Annunzio in quella torsione ultranazionalista che si diffuse nella cultura europea del primo dopoguerra e che riverberò nello stesso fascismo, pur con evidenti aporie, contraddizioni e ripensamenti dello stesso Poeta, soprattutto in relazione al ruolo del partito e dello Stato.
Gabriele D’Annunzio e il mito di Roma tra estetica e politica
Serventi Longhi, Enrico
2024-01-01
Abstract
Il contributo intende cogliere la multiforme articolazione, le ambivalenze, le trasformazioni e le contraddizioni che il mito di Roma assunse all’interno della visione estetica e politica di Gabriele D’Annunzio. Per il Vate, “Roma” fu allo stesso tempo uno stato d’animo, un’intuizione artistica e un documento di storia e di costume, capace più di altri di esemplificare la sua capacità di attingere a vasti repertori mitico-simbolici e di tradurli in forme letterarie e politiche caratteristiche della modernità. A partire dal periodo vissuto nella Capitale (1881-1889), caratterizzato da un notevole impegno giornalistico, il rapporto di D’Annunzio con il mito della Città Eterna assunse un crescente risvolto ideologico, connesso alla critica radicale del sistema liberale e a una originale prospettiva di palingenesi della società italiana. Questo mito trovò nel contesto eccezionale del laboratorio di Fiume una traduzione operativa in termini di cultura militare, di gestione del potere esecutivo e di invenzione di un vero e proprio progetto costituzionale, la “Carta del Carnaro”. Lo studio intende, infine, individuare il peso del mito di Roma presso D’Annunzio in quella torsione ultranazionalista che si diffuse nella cultura europea del primo dopoguerra e che riverberò nello stesso fascismo, pur con evidenti aporie, contraddizioni e ripensamenti dello stesso Poeta, soprattutto in relazione al ruolo del partito e dello Stato.File | Dimensione | Formato | |
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