Il contributo critica la sentenza della Corte costituzionale italiana n. 135 del 2024 perché interpreta in senso ampio il requisito dei trattamenti di sostegno vitale, che, secondo una sua precedente pronunzia, è uno degli elementi necessari per escludere, ex art. 580 c.p., la punibilità di chi aiuta un malato sofferente a suicidarsi mediante l’assunzione di un farmaco letale. Secondo la Corte rientra in questo requisito qualunque trattamento praticabile da terzi la cui omissione procura la morte del paziente che abbia esercitato il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari ex L. n. 219 del 2017. La Corte costituzionale ritiene preminente la scelta solitaria del singolo di anticipare la morte, perché la vita non gli appare più degna, rispetto al solidaristico impegno relazionale e affettivo di familiari e altri caregivers a prendersi cura di lui, per farlo vivere il più serenamente possibile fino alla fine naturale della sua vita. Con questa interpretazione, però, la dignità dell’uomo viene svuotata della naturale identità relazionale umana, rivolta ad aiutare chi soffre, e riempita di contingenti qualità soggettive, degradando la vita ad una res che può essere scartata quando perde le qualità di indipendenza, efficienza e produttività.
Recenti esiti giurisprudenziali sul suicidio assistito: la dignità dell’uomo svuotata della naturale identità relazionale umana
Freni Fortunato
2025-01-01
Abstract
Il contributo critica la sentenza della Corte costituzionale italiana n. 135 del 2024 perché interpreta in senso ampio il requisito dei trattamenti di sostegno vitale, che, secondo una sua precedente pronunzia, è uno degli elementi necessari per escludere, ex art. 580 c.p., la punibilità di chi aiuta un malato sofferente a suicidarsi mediante l’assunzione di un farmaco letale. Secondo la Corte rientra in questo requisito qualunque trattamento praticabile da terzi la cui omissione procura la morte del paziente che abbia esercitato il diritto di rifiutare i trattamenti sanitari ex L. n. 219 del 2017. La Corte costituzionale ritiene preminente la scelta solitaria del singolo di anticipare la morte, perché la vita non gli appare più degna, rispetto al solidaristico impegno relazionale e affettivo di familiari e altri caregivers a prendersi cura di lui, per farlo vivere il più serenamente possibile fino alla fine naturale della sua vita. Con questa interpretazione, però, la dignità dell’uomo viene svuotata della naturale identità relazionale umana, rivolta ad aiutare chi soffre, e riempita di contingenti qualità soggettive, degradando la vita ad una res che può essere scartata quando perde le qualità di indipendenza, efficienza e produttività.Pubblicazioni consigliate
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