La crescente sensibilità verso le questioni ambientali ha comportato che anche il settore agroalimentare abbia dovuto affrontare la sfida di integrare sostenibilità, nuove tecnologie e processi digitali al fine di garantire produzioni più sostenibili e vantaggi competitivi in un mercato in continua evoluzione. Tra le innovazioni più recenti, la produzione di carne in laboratorio attraverso tecniche di coltivazione cellulare ha sollevato accesi dibattiti tra chi l’ha ritenuta una soluzione per ridurre sia la sofferenza animale sia l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi e chi, invece, ne ha messo in discussione la sicurezza e la sua idoneità al consumo umano. Nel 2023, l’Italia ha vietato la produzione e commercializzazione di carne coltivata sul presupposto che non vi fossero ancora prove sufficienti sui potenziali effetti a lungo termine del suo consumo sulla salute dei consumatori, oltre che per tutelare il patrimonio agroalimentare e il valore culturale del cibo italiano. Il provvedimento di legge è immediatamente parso privo di ogni fondamento, in quanto contenente una ingiustificata restrizione al libero mercato, non proporzionata oltre che discriminatoria, non essendo stata la carne coltivata autorizzata ai sensi del regolamento sui novel foods. In uno scenario futuro, anche se la Commissione europea dovesse consentirne la messa in commercio, i divieti italiani sarebbero -comunque- in contrasto con il principio fondante per l’Unione europea della libera circolazione delle merci. Trattandosi di una tecnologia relativamente nuova, è essenziale continuarne a monitorare i processi di produzione e condurre studi per confermarne o meno la sicurezza; così come sarà necessario elaborare un quadro normativo uniforme sulla carne coltivata, anche in materia di etichettatura, a tutela di una corretta informazione dei consumatori. Resta fermo che, in ogni caso, la carne coltivata non può costituire una risposta univoca alle problematiche etiche, di sostenibilità e di salute poste dall’espansione degli allevamenti intensivi. Per nutrire in modo sostenibile una popolazione globale in crescita e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, sono -altresì- essenziali strategie che modifichino i comportamenti e le scelte alimentari, incoraggiando i consumatori a ridurre gli alimenti di origine animale in favore di opzioni alternative a base vegetale.
Il divieto di produzione e commercializzazione di carne coltivata: tra questioni di sicurezza e limiti alla libera circolazione.
Alessandra Tommasini
2024-01-01
Abstract
La crescente sensibilità verso le questioni ambientali ha comportato che anche il settore agroalimentare abbia dovuto affrontare la sfida di integrare sostenibilità, nuove tecnologie e processi digitali al fine di garantire produzioni più sostenibili e vantaggi competitivi in un mercato in continua evoluzione. Tra le innovazioni più recenti, la produzione di carne in laboratorio attraverso tecniche di coltivazione cellulare ha sollevato accesi dibattiti tra chi l’ha ritenuta una soluzione per ridurre sia la sofferenza animale sia l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi e chi, invece, ne ha messo in discussione la sicurezza e la sua idoneità al consumo umano. Nel 2023, l’Italia ha vietato la produzione e commercializzazione di carne coltivata sul presupposto che non vi fossero ancora prove sufficienti sui potenziali effetti a lungo termine del suo consumo sulla salute dei consumatori, oltre che per tutelare il patrimonio agroalimentare e il valore culturale del cibo italiano. Il provvedimento di legge è immediatamente parso privo di ogni fondamento, in quanto contenente una ingiustificata restrizione al libero mercato, non proporzionata oltre che discriminatoria, non essendo stata la carne coltivata autorizzata ai sensi del regolamento sui novel foods. In uno scenario futuro, anche se la Commissione europea dovesse consentirne la messa in commercio, i divieti italiani sarebbero -comunque- in contrasto con il principio fondante per l’Unione europea della libera circolazione delle merci. Trattandosi di una tecnologia relativamente nuova, è essenziale continuarne a monitorare i processi di produzione e condurre studi per confermarne o meno la sicurezza; così come sarà necessario elaborare un quadro normativo uniforme sulla carne coltivata, anche in materia di etichettatura, a tutela di una corretta informazione dei consumatori. Resta fermo che, in ogni caso, la carne coltivata non può costituire una risposta univoca alle problematiche etiche, di sostenibilità e di salute poste dall’espansione degli allevamenti intensivi. Per nutrire in modo sostenibile una popolazione globale in crescita e mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, sono -altresì- essenziali strategie che modifichino i comportamenti e le scelte alimentari, incoraggiando i consumatori a ridurre gli alimenti di origine animale in favore di opzioni alternative a base vegetale.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


