Judith Butler e il carattere performativo del potere

Butler, come Foucault, ritiene che il potere non sia più limitato alla sovranità, ma pervada il tessuto sociale e abbia, utilizzando il lessico austiniano, un carattere performativo, in quanto produce soggetti “normali” ed esclude gli altri come “anormali”, stabilendo norme di intelligibilità sociale. Butler apprende da Derrida che una norma, come ogni segno, funziona se è iterabile, se può essere citata da tutti i membri di una comunità. Tuttavia, la ripetizione delle formule convenzionali in modi non convenzionali determina anche la possibilità di una riconcettualizzazione controegemonica della politica. Nella performatività sono inscritti sia l'esercizio normalizzante del potere sia una forza di rottura, un potenziale insurrezionale dell'immaginario collettivo, che per Butler si incarna soprattutto nelle performance plurali di protesta critica, come le manifestazioni pubbliche. La politica performativa è una politica dell' immaginazione, che smantella il presunto ordine naturale, creando possibili alternative.