La legge 13 novembre 2023, n. 159, in sede di conversione del decreto legge 15 settembre 2023, n. 123 (c.d. decreto Caivano), ha introdotto un catalogo di reati ostativi all’operatività della messa prova minorile, stravolgendo l’assetto dell’istituto, fino a quel momento libero da preclusioni applicative. A meno di due anni dalla sua entrata in vigore, la disposizione che ospita l’emendamento (art. 28, comma 5-bis, d.P.R. n. 448 del 1988) è stata sottoposta ben cinque volte all’attenzione della Corte costituzionale. Il contributo, avvalendosi dell’analisi comparata delle ordinanze di rimessione finora presentate al Giudice delle leggi e soffermandosi sulla più recente, offre alcune riflessioni sulle ragioni dell’inopportunità del citato intervento legislativo: per un verso è difficile negare la fondatezza dei rilievi di incostituzionalità formulati dai giudici a quibus, tra i quali spicca, accanto alla violazione dell’art. 31, comma 2 Cost., l’irragionevolezza del catalogo dei reati ostativi voluto dal legislatore; per altro verso, il regime ostativo rischia di incentivare la strumentalizzazione degli (altri) istituti a beneficio del minore autore di reato, peraltro conseguendo quell’effetto clemenziale che il legislatore intendeva invece scongiurare.

LE PRECLUSIONI ALLA MESSA ALLA PROVA MINORILE (ANCORA UNA VOLTA) SUL BANCO DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Panebianco, Giuseppina
Co-primo
2025-01-01

Abstract

La legge 13 novembre 2023, n. 159, in sede di conversione del decreto legge 15 settembre 2023, n. 123 (c.d. decreto Caivano), ha introdotto un catalogo di reati ostativi all’operatività della messa prova minorile, stravolgendo l’assetto dell’istituto, fino a quel momento libero da preclusioni applicative. A meno di due anni dalla sua entrata in vigore, la disposizione che ospita l’emendamento (art. 28, comma 5-bis, d.P.R. n. 448 del 1988) è stata sottoposta ben cinque volte all’attenzione della Corte costituzionale. Il contributo, avvalendosi dell’analisi comparata delle ordinanze di rimessione finora presentate al Giudice delle leggi e soffermandosi sulla più recente, offre alcune riflessioni sulle ragioni dell’inopportunità del citato intervento legislativo: per un verso è difficile negare la fondatezza dei rilievi di incostituzionalità formulati dai giudici a quibus, tra i quali spicca, accanto alla violazione dell’art. 31, comma 2 Cost., l’irragionevolezza del catalogo dei reati ostativi voluto dal legislatore; per altro verso, il regime ostativo rischia di incentivare la strumentalizzazione degli (altri) istituti a beneficio del minore autore di reato, peraltro conseguendo quell’effetto clemenziale che il legislatore intendeva invece scongiurare.
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