La recente adozione del Regolamento 2024/1991, c.d. Nature Restoration Law, introducendo obiettivi di ripristino degli ecosistemi degradati, giuridicamente vincolanti per gli Stati, e rafforzando il nesso tra tutela della biodiversità e lotta al cambiamento climatico, sollecita una riflessione sulla fattispecie di danno alle specie e agli habitat naturali protetti di cui alla Direttiva 2004/35 e al d. lgs. 152/2006; in particolare sulle differenze strutturali e funzionali tra il modello di responsabilità ambientale fondato sul principio «chi inquina paga» e la logica di public enforcement insita nel Regolamento, nonché sull’idoneità della disciplina di protezione della biodiversità quale strumento di lotta e di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.
Il danno alla biodiversità dopo la disciplina della Nature Restoration Law
Vera Bilardo
2025-01-01
Abstract
La recente adozione del Regolamento 2024/1991, c.d. Nature Restoration Law, introducendo obiettivi di ripristino degli ecosistemi degradati, giuridicamente vincolanti per gli Stati, e rafforzando il nesso tra tutela della biodiversità e lotta al cambiamento climatico, sollecita una riflessione sulla fattispecie di danno alle specie e agli habitat naturali protetti di cui alla Direttiva 2004/35 e al d. lgs. 152/2006; in particolare sulle differenze strutturali e funzionali tra il modello di responsabilità ambientale fondato sul principio «chi inquina paga» e la logica di public enforcement insita nel Regolamento, nonché sull’idoneità della disciplina di protezione della biodiversità quale strumento di lotta e di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.Pubblicazioni consigliate
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