Lo scritto preliminarmente rileva come il modello costituzionale di “famiglia” possa non risultare dalla sola Costituzione, dovendosi altresì tener conto delle indicazioni offerte da altri documenti normativi di origine esterna (e specificamente, tra questi, la CEDU e la Carta di Nizza-Strasburgo), i quali peraltro si rimettono per la messa a punto dell’istituto familiare alle discipline legislative adottate nei singoli ordinamenti statali, discipline che – giova precisare, specie davanti a talune letture svalutative del dettato costituzionale – sono nondimeno tenute a fare i conti con la prima delle leggi nazionali, la Costituzione. Si tenta quindi di mostrare che, diversamente da ciò che da parte di molti si pensa, la nostra legge fondamentale non né rimasta silente o neutra (o, diciamo pure, pilatesca) per ciò che attiene alla definizione della famiglia ed alla conformazione dei suoi tratti più direttamente e genuinamente espressivi; ha piuttosto inteso rifarsi ad un certo modello culturale della stessa, avvalorato da quella tradizione consolidata e millenaria cui lo stesso giudice delle leggi ha opportunamente fatto richiamo nella famosa sent. n. 138 del 2010: una tradizione che vede la famiglia composta dalla unione tendenzialmente stabile di due persone di diverso sesso e fondata sul matrimonio. Si mettono quindi in evidenza talune aporie di costruzione presenti in alcune pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente laddove, per un verso, si rimanda la definizione di famiglia e matrimonio alle leggi nazionali, mentre, per un altro verso, si riconosce anche alle coppie omosessuali il diritto alla “vita (privata e) familiare”. Allo stesso tempo, si critica la recente pronunzia della Corte di Cassazione, la n. 4184 del 2012, che fa dire alla Corte di Strasburgo ciò che essa, in realtà, non dice, vale a dire che la definizione suddetta sarebbe direttamente ed esclusivamente rimessa alle leggi nazionali, laddove essa – come si diceva – compete in primo luogo alla Carta costituzionale. Si fa, da ultimo, notare che un indirizzo interpretativo siffatto, peraltro condiviso anche da una parte della dottrina, porta, in buona sostanza, alla decostituzionalizzazione della Costituzione, vale a dire allo smarrimento della sua forza prescrittiva nei riguardi del legislatore, una volta che quest’ultimo si consideri abilitato a definire, in sovrana solitudine, ciò che è e ciò che non è “famiglia”.

Il diritto al matrimonio e l’idea costituzionale di “famiglia”

RUGGERI, Antonio
2012-01-01

Abstract

Lo scritto preliminarmente rileva come il modello costituzionale di “famiglia” possa non risultare dalla sola Costituzione, dovendosi altresì tener conto delle indicazioni offerte da altri documenti normativi di origine esterna (e specificamente, tra questi, la CEDU e la Carta di Nizza-Strasburgo), i quali peraltro si rimettono per la messa a punto dell’istituto familiare alle discipline legislative adottate nei singoli ordinamenti statali, discipline che – giova precisare, specie davanti a talune letture svalutative del dettato costituzionale – sono nondimeno tenute a fare i conti con la prima delle leggi nazionali, la Costituzione. Si tenta quindi di mostrare che, diversamente da ciò che da parte di molti si pensa, la nostra legge fondamentale non né rimasta silente o neutra (o, diciamo pure, pilatesca) per ciò che attiene alla definizione della famiglia ed alla conformazione dei suoi tratti più direttamente e genuinamente espressivi; ha piuttosto inteso rifarsi ad un certo modello culturale della stessa, avvalorato da quella tradizione consolidata e millenaria cui lo stesso giudice delle leggi ha opportunamente fatto richiamo nella famosa sent. n. 138 del 2010: una tradizione che vede la famiglia composta dalla unione tendenzialmente stabile di due persone di diverso sesso e fondata sul matrimonio. Si mettono quindi in evidenza talune aporie di costruzione presenti in alcune pronunzie della Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente laddove, per un verso, si rimanda la definizione di famiglia e matrimonio alle leggi nazionali, mentre, per un altro verso, si riconosce anche alle coppie omosessuali il diritto alla “vita (privata e) familiare”. Allo stesso tempo, si critica la recente pronunzia della Corte di Cassazione, la n. 4184 del 2012, che fa dire alla Corte di Strasburgo ciò che essa, in realtà, non dice, vale a dire che la definizione suddetta sarebbe direttamente ed esclusivamente rimessa alle leggi nazionali, laddove essa – come si diceva – compete in primo luogo alla Carta costituzionale. Si fa, da ultimo, notare che un indirizzo interpretativo siffatto, peraltro condiviso anche da una parte della dottrina, porta, in buona sostanza, alla decostituzionalizzazione della Costituzione, vale a dire allo smarrimento della sua forza prescrittiva nei riguardi del legislatore, una volta che quest’ultimo si consideri abilitato a definire, in sovrana solitudine, ciò che è e ciò che non è “famiglia”.
2012
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