Lo scritto mostra come al fine di una ottimale salvaguardia dei diritti fondamentali in un sistema “multilivello” (o, meglio, “interlivello”) si richieda un complessivo equilibrio di ordine istituzionale ad oggi non raggiunto a plurimi piani di esperienza. In primo luogo, al piano dei rapporti interordinamentali (e, segnatamente, dei rapporti tra CEDU e diritto interno, cui l’analisi specificamente si dedica), laddove si richiede che ciascuna Corte, costituzionale od europea, dismetta l’habitus inveterato che ha fin qui indossato, ritenendo di dover sempre e comunque assicurare il rispetto della Carta di cui è istituzionalmente garante attraverso l’affermazione del suo primato su ogni altra Carta: un indirizzo metodico, questo, a conti fatti perdente, dal momento che le Carte stesse possono rigenerarsi e perciò ancora meglio offrire il servizio ai diritti fondamentali al quale sono chiamati attingendo senza sosta l’una alle altre e, se del caso, persino facendosi da parte in nome dei valori di libertà ed eguaglianza (e, in ultima istanza, di dignità della persona umana). In secondo luogo, al piano dei rapporti di diritto interno, i diritti possono essere tutelati come si conviene alla sola condizione che il legislatore da un canto, i giudici (sia comuni che costituzionali) dall’altro, abbiano modo, in spirito di “leale cooperazione”, di offrire il loro fattivo concorso alla salvaguardia dei diritti: l’uno a mezzo di discipline connotate da strutturale duttilità (essenzialmente, costituite da disposizioni di principio), gli altri facendo quindi luogo non alla mera applicazione bensì all’attuazione delle discipline stesse, dando vita agli opportuni bilanciamenti tra i beni della vita evocati in campo dal caso.

Salvaguardia dei diritti fondamentali ed equilibri istituzionali in un ordinamento “intercostituzionale”

RUGGERI, Antonio
2013-01-01

Abstract

Lo scritto mostra come al fine di una ottimale salvaguardia dei diritti fondamentali in un sistema “multilivello” (o, meglio, “interlivello”) si richieda un complessivo equilibrio di ordine istituzionale ad oggi non raggiunto a plurimi piani di esperienza. In primo luogo, al piano dei rapporti interordinamentali (e, segnatamente, dei rapporti tra CEDU e diritto interno, cui l’analisi specificamente si dedica), laddove si richiede che ciascuna Corte, costituzionale od europea, dismetta l’habitus inveterato che ha fin qui indossato, ritenendo di dover sempre e comunque assicurare il rispetto della Carta di cui è istituzionalmente garante attraverso l’affermazione del suo primato su ogni altra Carta: un indirizzo metodico, questo, a conti fatti perdente, dal momento che le Carte stesse possono rigenerarsi e perciò ancora meglio offrire il servizio ai diritti fondamentali al quale sono chiamati attingendo senza sosta l’una alle altre e, se del caso, persino facendosi da parte in nome dei valori di libertà ed eguaglianza (e, in ultima istanza, di dignità della persona umana). In secondo luogo, al piano dei rapporti di diritto interno, i diritti possono essere tutelati come si conviene alla sola condizione che il legislatore da un canto, i giudici (sia comuni che costituzionali) dall’altro, abbiano modo, in spirito di “leale cooperazione”, di offrire il loro fattivo concorso alla salvaguardia dei diritti: l’uno a mezzo di discipline connotate da strutturale duttilità (essenzialmente, costituite da disposizioni di principio), gli altri facendo quindi luogo non alla mera applicazione bensì all’attuazione delle discipline stesse, dando vita agli opportuni bilanciamenti tra i beni della vita evocati in campo dal caso.
2013
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