Lo scritto si interroga sulle novità che potrebbero registrarsi al piano dei rapporti tra le Corti europee e i giudici nazionali, in relazione alla prevista adesione dell’Unione alla CEDU e, soprattutto, per effetto della entrata in vigore del prot. 16 allegato alla CEDU stessa. Alla luce (ed in svolgimento) di alcune linee di tendenza in atto, sembra di poter dire che le pronunzie delle Corti europee possano in misura crescente conformarsi quali decisioni-quadro, dando perciò largo spazio agli atti, sia normativi che giurisprudenziali, la cui adozione è richiesta al fine di dar loro l’ulteriore e più adeguato seguito. Allo stesso tempo, specie per effetto del prot. 16 dovrebbe assistersi, in primo luogo, ad una sensibile contrazione dei margini entro i quali i giudici nazionali possono far luogo al riconoscimento della “sostanza” della giurisprudenza europea bisognosa di essere comunque rispettata. In secondo luogo, è da mettere in conto una spinta vigorosa verso l’accentramento dei processi interpretativi in ambito interno a vantaggio delle Corti di ultima istanza, le sole abilitate a fare richiesta di parere alla Corte di Strasburgo. Si riflette quindi a riguardo della tendenza, in atto manifestata dalle pronunzie della Corte EDU a portarsi oltre il caso e, dunque, a produrre effetti tendenzialmente generali, specie per le implicazioni che potrebbero aversene nelle pratiche giurisprudenziali di diritto interno. Chiudono lo studio sintetiche notazioni in merito a ciò che sarebbe opportuno fare al fine di riequilibrare – per quanto possibile – i rapporti tra legislatore e giudici, al servizio dei diritti.

Ragionando sui possibili sviluppi dei rapporti tra le Corti europee e i giudici nazionali (con specifico riguardo all’adesione dell’Unione alla CEDU e all’entrata in vigore del prot. 16)

RUGGERI, Antonio
2014-01-01

Abstract

Lo scritto si interroga sulle novità che potrebbero registrarsi al piano dei rapporti tra le Corti europee e i giudici nazionali, in relazione alla prevista adesione dell’Unione alla CEDU e, soprattutto, per effetto della entrata in vigore del prot. 16 allegato alla CEDU stessa. Alla luce (ed in svolgimento) di alcune linee di tendenza in atto, sembra di poter dire che le pronunzie delle Corti europee possano in misura crescente conformarsi quali decisioni-quadro, dando perciò largo spazio agli atti, sia normativi che giurisprudenziali, la cui adozione è richiesta al fine di dar loro l’ulteriore e più adeguato seguito. Allo stesso tempo, specie per effetto del prot. 16 dovrebbe assistersi, in primo luogo, ad una sensibile contrazione dei margini entro i quali i giudici nazionali possono far luogo al riconoscimento della “sostanza” della giurisprudenza europea bisognosa di essere comunque rispettata. In secondo luogo, è da mettere in conto una spinta vigorosa verso l’accentramento dei processi interpretativi in ambito interno a vantaggio delle Corti di ultima istanza, le sole abilitate a fare richiesta di parere alla Corte di Strasburgo. Si riflette quindi a riguardo della tendenza, in atto manifestata dalle pronunzie della Corte EDU a portarsi oltre il caso e, dunque, a produrre effetti tendenzialmente generali, specie per le implicazioni che potrebbero aversene nelle pratiche giurisprudenziali di diritto interno. Chiudono lo studio sintetiche notazioni in merito a ciò che sarebbe opportuno fare al fine di riequilibrare – per quanto possibile – i rapporti tra legislatore e giudici, al servizio dei diritti.
2014
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