L’articolo pone al centro dell’attenzione soprattutto la Parte terza delle Parole sono pietre di Carlo Levi, che, istruita sulla figura del sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia a Sciara, e su sua madre, Francesca Serio, finisce per gettare una luce diversa sull’intera opera, cioè sulle “tre giornate in Sicilia” – sottotitolo del libro – ricondotte alla direttrice di fondo del rapporto tra Mafia e Giustizia. Una presa di “coscienza” cruciale e per accedere al valore testimoniale e drammaticamente poetico delle parole di Francesca, avvertita come il modello rivoluzionario per eccellenza per rompere il muro dell’omertà e sfuggire al connubio tra potere feudale e violenza mafiosa; e, dall’interno di precisi diagrammi figurativi, quali quello dello scontro Castello/casa, silenzio/luce/ombra, per sottrarre la componente paesaggistica (e stilistica) a qualsiasi compromesso di matrice oleografica e ingenerare una vera e propria categoria del sublime rovesciato. Nella verità sacrificale di Salvatore e della madre collidono gli elementi estremi di una terra che non ha saputo coniugare bellezza e riscatto sociale, magia dell’eredità culturale dei miti (e dei cantastorie) e omertà, autonomia del popolo contadino e Stato.

Turiddu Carnevale e la «nera madre di Sciara» nelle Parole sono pietre di Carlo Levi

Giuseppe fontanelli
2020-01-01

Abstract

L’articolo pone al centro dell’attenzione soprattutto la Parte terza delle Parole sono pietre di Carlo Levi, che, istruita sulla figura del sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia a Sciara, e su sua madre, Francesca Serio, finisce per gettare una luce diversa sull’intera opera, cioè sulle “tre giornate in Sicilia” – sottotitolo del libro – ricondotte alla direttrice di fondo del rapporto tra Mafia e Giustizia. Una presa di “coscienza” cruciale e per accedere al valore testimoniale e drammaticamente poetico delle parole di Francesca, avvertita come il modello rivoluzionario per eccellenza per rompere il muro dell’omertà e sfuggire al connubio tra potere feudale e violenza mafiosa; e, dall’interno di precisi diagrammi figurativi, quali quello dello scontro Castello/casa, silenzio/luce/ombra, per sottrarre la componente paesaggistica (e stilistica) a qualsiasi compromesso di matrice oleografica e ingenerare una vera e propria categoria del sublime rovesciato. Nella verità sacrificale di Salvatore e della madre collidono gli elementi estremi di una terra che non ha saputo coniugare bellezza e riscatto sociale, magia dell’eredità culturale dei miti (e dei cantastorie) e omertà, autonomia del popolo contadino e Stato.
2020
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